Vacanze natalizie senza sci? Il mondo della neve non ci sta
Il mondo dello sci e della neve prende una durissima posizione contro le dichiarazioni di un ministro del governo Conte che ha ipotizzato ulteriori restrizioni nel nuovo DPCM che sarà emanato il 4 dicembre in vista delle vacanze natalizie. Si teme che il governo possa chiudere gli impianti di risalita perché “non possiamo permettere che la fine dell’anno diventi come Ferragosto” avrebbe detto questo ministro a repubblica.it. Addirittura viene ipotizzato un asse con Francia e Germania per limitare le vacanze sulla neve.
Puntuale, sempre su repubblica.it, è arrivata la replica di alcuni degli operatori del settore, in primis della presidente dell’Anef, Associazione Nazionale Esercenti Funiviari, Valeria Ghezzi: “In nove mesi non c’è stato un solo provvedimento congiunto tra i vari Paesi europei e ora si unirebbero tutti solo per chiudere lo sci? Ci si unisce per chiudere uno sport che si fa all’aria aperta, che è per sua natura distanziato e solo perché secondo il governo non siamo in grado di gestire la distanza nei punti di partenza delle cabinovie. Chiediamo che su questo si decida non seguendo l’emotività, ma il contesto generale delle riaperture”.
“E’ evidente che se il paese è tutto chiuso, i pronti soccorso sono in affanno, le terapie intensive piene, noi non pretendiamo che si vada a sciare, perché la salute vene prima di tutto: se non andiamo al ristorante non andiamo nemmeno a sciare – aggiunge Ghezzi -. Non chiediamo un trattamento diverso. Ma nel momento in cui il Paese riapre, in qualsiasi modo riapra, lo sci non è da demonizzare, anche perché dietro questo mondo non ci sono ricchi italiani o stranieri che vogliono fare la vacanza sulla neve, ma un’industria che nel complesso vale 120 mila posti di lavoro. Solo nel settore degli impianti sono 15 mila, di cui un terzo a tempo indeterminato e 2/3 stagionali qualificati, ricorrenti, che rischiano di non avere alcuna tutela come Naspi o Cig”.
Ovviamente c’è preoccupazione non solo tra gli impiantisti ma anche tra albergatori e ristoratori: una stagione che vale tra i 10 e i 12 miliardi e che totalizza il 30% del fatturato complessivo tra Natale e l’Epifania andrebbe completamente in fumo: “Natale e Capodanno costituiscono il pilastro dell’intera stagione, quindi perdere le vacanze di Natale significa perdere tutto – spiega Filippo Gerard, presidente dell’Adava Federalberghi Valle D’Aosta -. I costi delle piste, del personale, non sarebbero sostenibili se dovessimo aprire l’8 o alla fine di gennaio, considerato che già ad agosto abbiamo lavorato zoppi, con un calo del 20%”.
“E’ veramente deplorevole che si debba venire a sapere dai quotidiani o dai talk show quello che sarà il nostro destino – dice Gerard -. Noi non possiamo continuare a rimandare di giorno in giorno le decisioni, senza sapere cosa accadrà domani. Le prenotazioni sono ferme, anche per l’incertezza sulla possibilità di movimento tra le Regioni. E in Val d’Aosta la questione non riguarda solo la stagione sciistica ma anche i centri benessere. Serve una risposta chiara e definitiva del governo, e se non possiamo aprire a questo punto è fondamentale la proroga della Cassa Integrazione e l’arrivo di indennizzi veri, quelli arrivati finora sono stati solo pallitativi, che coprano almeno il 20% della media degli incassi delle ultime tre stagioni”.
Naturalmente a essere preoccupati sono anche i maestri di sci, coloro che ogni giorno lavorano sul campo per far divertire e far sentire a proprio agio gli appassioneti e il cui settore rischia di restare compltamente fuori dalle tutele del governo “Parliamo di 15 mila maestri con le loro famiglie ma anche di tutto quello che ruota intorno a questo settore, come segretari o autisti di pulmini – dice Maurizio Bonelli, presidente dell’Associazione Nazionale Maestri di Sci -. Chiudere fino all’Epifania per noi significa perdere quasi il 40% della stagione. Siamo liberi professionisti, non abbiamo diritto alla cassa integrazione. Abbiamo percepito solo i 600 euro per i lavoratori autonomi. Quanto ai ristori, sono basati sulla perdita del fatturato di aprile, quando per noi la stagione è conclusa”.
Foto: Pagina Facebook Anef