Sci e motori, gioie e dolori…
Si accendano le luci, si scaldino i motori! Sulla scia di Mercedes, Red Bull e Ferrari sta entrando nel vivo la stagione europea di Formula 1. “E a noi sciatori che ce ne importa?”, si domanderà qualcuno. Ci riguarda molto, se realizziamo quanto i due sport viaggino spesso a braccetto nel palmares di tanti discesisti.
Proprio così. Se vogliamo conoscere a fondo la storia del nostro sport preferito non possiamo ignorare l’attrazione fatale che tanti campioni hanno provato per le curve sull’asfalto e per i fumi dei gas di scarico. Flirt durati una vita, o lo spazio di una stagione. Successi e incidenti che hanno condizionato il passaggio dall’una all’altra disciplina.
Forse tutto è iniziato nei lontani anni 40 con Henri Oreiller, atleta transalpino detto il fou descendant, il discesista folle, a cui è dedicata la pista di Coppa del Mondo in Val d’Isere, la Oreiller-Killy; fu primo atleta francese a vincere due medaglie d’oro e una di bronzo alle Olimpiadi di Sankt Moritz del 1948. Una carriera ricca di soddisfazioni e di successi, terminata nel 1952 giusto in tempo per iniziare una nuova avventura al volante di vetture rally e gran turismo. Come la Ferrari che gli costò la vita in un incidente durante il GP di Parigi nel 1962.
Per anni sci e motori sono stati un’accoppiata particolarmente apprezzata dai francesi. Come Bob Wollek. Chi era costui? Gli albi d’oro lo ricordano grande promessa tra i galletti capitanati da Jean Claude Killy, membro di una nazionale fortissima, dominatrice per almeno un decennio dello sci mondiale. Una vita segnata dal destino, la sua. Wollek nel 1966 è a Chamonix ad allenarsi tra le porte dello slalom quando un amico gli propone di partecipare a un raduno-rally della Renault. Sboccia improvviso l’amore per i motori che, tuttavia, dovrà essere accantonato in funzione delle dure selezioni per partecipare alle Olimpiadi di Grenoble del 1968. Wollek lavora duro, ma all’ultima gara di Coppa del Mondo, prima della partenza per la Svizzera, un grave infortunio in discesa mette tristemente fine alla sua carriera sulla neve. È allora che l’atleta transalpino ricorda la vecchia esperienza trovando la forza sportiva per ricominciare da zero.
Finito lo sciatore, è nato un campione dei motori che tra F2, rally e 24 ore di Le Mans e di Daytona vivrà di grandi successi. Prima di morire investito da un’auto mentre viaggia sul sellino di una bicicletta da corsa.
E che dire del pilota Patrick Tambay approdato in Ferrari dopo una lunga carriera al volante di McLaren e Ligier. Pochi ricordano i suoi esordi nella nazionale di sci alpino a fianco dell’omonimo Patrick Russel e di Jean Noel Augert, eppure Tambay nasce sciatore con buoni risultati nelle classifiche Fis.
Se andiamo a caccia di record c’è solo un nome assai curioso da ricordare: Divina Galica, nata nella piatta brughiera inglese, ragazza che malgrado l’origine non proprio montana diventerà la più longeva discesista britannica. Tre Olimpiadi dal 1964 fino a 1972 fino a una partecipazione speciale nella gara dimostrativa di Kl ad Albertville nel 1992. Nel 1976, dopo una folgorante carriera nei kart, fa il suo esordio come prima donna nel circuito di F1 al volante di una Surtees, proseguendo la sua lunghissima carriera sportiva in varie classi automobilistiche fino al ritiro nel 2015, acclamata nel suo Paese come una sorta di eroina femminile protagonista di un mondo tutto maschile.
Per arrivare al cuore del profondo legame tra sci e motori bisogna affacciarsi agli anni ’70, periodo d’oro dei due sport, e forse della vita del mondo occidentale, per spiare la vita di tanti piloti in tuta ignifuga. Dell’indimenticabile Niki Lauda si conosce la grande passione per lo sci e il suo tifo sfegatato per gli atleti austriaci. “Se non fossi stato in F1 mi sarebbe piaciuto essere uno sciatore, un discesista come Franz Klammer”, confessò ai giornalisti che lo circondavano nel parterre della Streif di Kitzbühel.
Meno si sa dell’inglese James Hunt che, a dispetto della nascita in un Paese dalle scarse tradizioni alpine, condivideva con il suo eterno rivale austriaco l’amore per le piste imbiancate. Hunt fu talmente appassionato da meritare un omaggio da parte di Leonardo Freyrie, anche lui amante delle auto da corsa quanto dello sci: un paio di splendidi Mirage personalizzati. Il top dell’epoca.
L’attrazione fatale tra neve e quattro ruote ha contagiato anche tanti nostri connazionali. Riccardo Patrese, grande pilota Alfa Romeo, Williams e Benetton che dalla sua Padova partiva in direzione dei monti ottenendo grandi risultati a livello regionale, spingendosi ai confini della nazionale B di slalom.
Importante il caso di Teo Fabi, pilota F1 che ha calcato l’asfalto dal 1982 al 1987 trovando la sua consacrazione di sportivo lontano da quelle classifiche Fisi che pure l’avevano visto primeggiare da ragazzo. “Il bambino più titolato d’Italia, una delle più cristalline promesse dello sci azzurro”, lo definiva una rivista tecnica nel 1969. Non trovando spazio nella nazionale maggiore, Teo si presenta ai Mondiali ’70 di Val Gardena con un passaporto brasiliano, per imboccare negli anni successivi la strada di Indianapolis e dei circuiti internazionali.
In questo amarcord vogliamo ricordare un altro ragazzo prodigio di quel periodo, un diciottenne neopatentato che in una foto in bianco e nero sorride al volante della sua Renault 5 Alpine, azzurra come la nazionale, mentre confessa agli amici più stretti l’idea di alternare in futuro gli sci ai rally automobilistici. Non ne ha avuto il tempo il nostro amato Leo David.
Sciatori folgorati dai miasmi di benzina, stregati dalle chicane di Montecarlo più che dagli schuss di Wengen e piloti ormai maturi che si sono sfidati tra i pali. Succede ogni anno a Madonna di Campiglio nelle varie edizioni di Wrooom – F1 e MotoGp Ski Meeting, incontro-sfida sulla neve tra piloti delle quattro e due ruote. Per la cronaca uno dei più forti nel districarsi tra pali e cronometro è il finlandese Kimi Raikkonen, che per ragioni di nascita la neve ce l’ha nel sangue.
Il turbo pompa nel cuore di molti sciatori, spingendoli anche in territori lontani dalla F1. Come il deserto della Parigi-Dakar che ha sorriso al discesista francese Luc Alphand nel 2006. Lo stesso anno nel quale Kristian Ghedina ha annunciato il suo ritiro per poi dedicarsi a un lustro di accelerazioni e sgommate tra tante medaglie e qualche incidente di troppo.
Già, gli incidenti! Se è scontato ricordare il dramma di Michael Schumacher e il suo destino degno di una tragedia Greca, sono molti gli sciatori che hanno avuto guai derivati dalle auto, e viceversa. Come Arturo Merzario, simpatico pilota F1 che dovette rinunciare al Mondiale ’77 a causa di una banale caduta sugli sci. O come Hermann Maier, l’indistruttibile discesista austriaco che ha rischiato carriera e vita a causa della passione per la motocicletta.
Quando la scelta tra motori e sci diventa impossibile, c’è chi ha pensato di unire i due sport nel senso più letterale del termine. Il primo a pensarci è stato il kappaellista Bruno Alberti, che ha preso un bel portasci, l’ha attaccato sul tetto della Lancia Fulvia HF rally di Sandro Munari, ha fatto scattare gli attacchi e via. Per vedere l’effetto che fa volare a 200 all’ora sul tetto di un’auto e valutare la tenuta dei materiali. Materiali che per fortuna hanno retto egregiamente la prova dimostrandosi a prova di record.
Luca Steffenoni