Sci e carattere, quali rapporti? L’allenamento delle soft-skills nello sci alpino
È ormai diffusa, in ambiente sciistico, l’affermazione che “lo sci è espressione del carattere”.
Ancorché essere questa affermazione sufficientemente chiara, sul piano intuitivo, necessita di alcune considerazioni.
Innanzitutto va definito cosa sia il “carattere” di una persona – o, nel nostro caso, della persona-atleta – per poi analizzare meglio in che modo esso condizioni la prestazione sportiva in genere e il gesto atletico in particolare.
Ancora, va poi analizzato in che senso o in che modo la crescita personale, l’aumento delle conoscenze e delle “competenze trasversali” (le cosiddette soft-skills), possano incidere positivamente sulla prestazione sportiva o su quella agonistica; viceversa, in che modo la cura del dettaglio tecnico, l’affinamento della visione tattica, l’ampliamento della zona comfort dell’atleta, possano contribuire, a loro volta, alla strutturazione del carattere.
Ricordo al lettore che quando parliamo di soft-skills ci riferiamo, per dare alcuni esempi, al saper comunicare e saper gestire le informazioni, al saper lavorare in gruppo, all’essere in grado di riconoscere e gestire lo stress, all’avere la capacità di adattarsi, di essere autonomi, di avere capacità previsionali, di organizzazione, di focalizzazione, di definizione degli obiettivi, di precisione e attenzione ai dettagli, di problem solving ecc.
Il termine “carattere” è utilizzato in ambiente educativo per indicare quei tratti che ci rendono peculiari e diversi gli uni dagli altri. Ovvero quella configurazione di caratteristiche, relativamente stabili, a cui ricondurre gli aspetti abituali e tipici del nostro comportamento.
Non mi addentro nelle distinzioni che, storicamente, rendono i termini “carattere”, “personalità”, “temperamento”, diversi l’uno dall’altro. Mi limito a fare un esempio e a dire che un atleta “introverso”, ad esempio, avrà un modo assolutamente proprio di recepire e utilizzare le informazioni ambientali e di contesto, da un atleta “estroverso”, verosimilmente loquace, aperto al mondo esterno, assertivo.
Rimanendo all’interno di queste macro-aree, è evidente che il modo di assumere e trasferire informazioni, come pure i modi e le forme di interazione con il contesto ambientale e le sue variabili, saranno diversi per uno sciatore “introverso”, rispetto ad uno “estroverso”; e sarà opportuno domandarsi:
– Come focalizza l’attenzione?
– Come raccoglie le informazioni ambientali, è sensoriale o intuitivo?
– Come prende le sue decisioni, è logico o intuitivo?
– Come vive in relazione con gli altri e l’ambiente esterno, è giudice o ricettivo?
Attraverso questa distinzione e batteria di domande è già possibile capire meglio cosa sia il carattere, ed è possibile capire meglio in che modo o in che senso la personalità di un atleta incide sulla qualità della prestazione, ovvero in che modo e in che senso la caratterizza.
Per il tecnico, sia esso allenatore o altra figura di supporto allo staff, partire da queste distinzioni e avere altresì chiaro “chi egli sia”, quali siano i suoi tratti distintivi, la sua personalità, ha evidentemente un rilievo di grossa portata, permettendogli da un lato di modulare in modo adeguato e funzionale la comunicazione, dall’altro di gestire in modo appropriato la relazione empatica e le emozioni.
È infatti poco conveniente, sul piano della crescita dell’atleta, trovarsi invischiati emotivamente con atleti che toccano in noi corde particolari e innescano comportamenti collusivi, come pure entrare in simmetria con atleti che suscitano in noi sentimenti di rabbia, frustrazione, insofferenza.
In questo senso lo sci è espressione del carattere dell’atleta e in questo senso lavorare sulle soft-skills modifica la prestazione sportiva; diversificando e ampliando il ventaglio di atteggiamenti, comportamenti, risposte alle sollecitazioni e agli stimoli relazionali-sociali e ambientali.
Non neghiamo che, come detto in apertura, il solo intervenire su un dettaglio tecnico o su una chiave tattica (allenatore), possa da sé solo incidere su aspetti del carattere: è evidente, ad esempio, che forzare la zona comfort di un atleta, chiedendogli di modificare il gesto tecnico acquisito o di sciare in situazioni a lui avverse o poco congeniali, significa del pari destrutturare alcune certezze a favore di una ristrutturazione cognitiva ed emotiva di là da venire.
Ma anche qui entra in gioco un equilibrio non sempre chiaro tra gratificazione e frustrazione, che, se non bene ponderato in rapporto alle caratteristiche dell’atleta, ma anche al genere (le donne ad esempio sono spesso più sensibili dei maschi a queste oscillazioni), rischia di non portare i frutti sperati e di innescare comportamenti involutivi e meccanismi di difesa. Meccanismi che, inevitabilmente, non agevolano il processo e richiedono poi ulteriori passaggi per essere superati e risolti.
Vedremo in interventi successivi quali conoscenze e competenze trasversali incidono, a prescindere dal grado di evoluzione tecnica (anche un neofita può trarre giovamento da un lavoro orientato in questa direzione e a fortiori un atleta evoluto), sulla strutturazione del carattere e quindi sulla performance sportiva, intesa come “espressione di sé”, delle proprie caratteristiche di personalità.
Enrico Clementi – Educatore, Formatore, Consulente e Trainer educativo
Autore de: L’allenamento mentale nello sci alpino. Prospettive e strumenti dal mondo dell’educazione (BMS, 2020) http://www.bmsitaly.com/prodotto/allenamento-mentale-nello-sci-alpino/
Per info, contatti, attività formative e di orientamento: enricoclementi017@gmail.com