Quelle cose apparentemente accessorie che ci fanno “sciare meglio”
Abbiamo visto, nell’articolo precedente, dedicato alle “attività di ripresa” https://www.scimagazine.it/lattivita-di-ripresa-nello-sci-alpino/ che, per una serie di ragioni, lo sci alpino è uno sport che non si pratica in modo continuativo.
In specie gli amatori, infatti, ma anche molti atleti del circuito master, spesso coltivano questo desiderio per lunghe parti dell’anno, salvo poi sciare in modo contingentato quando gli impegni di lavoro, quelli familiari, le economie, lo permettono.
Molti di noi, in specie quelli che non vivono sull’arco alpino o lungo l’Appennino, conoscono questa situazione e molti di noi sanno quanto sia difficile mantenere una sorta di “contatto emotivo” con l’attività sciistica, tale da non sopire l’interesse per l’attività stessa.
È fondamentale allora investire in aspetti solo in apparenza secondari, ma tali da nutrire il desiderio di tornare in montagna e sugli sci, cercando di migliorare.
Tali aspetti possono riguardare una preparazione atletica specifica, la comprensione di aspetti tecnici che riguardano la disciplina (online c’è molto materiale di qualità che muove in questa direzione), ma anche la ricerca di attrezzature, o protezioni, o capi d’abbigliamento, rispondenti ai propri bisogni e all’immagine che si ha di sé.
Quest’ultima indicazione per molti potrebbe essere discutibile e si potrebbe obiettare che un pantalone, una giacca da sci o un casco non fanno la differenza, sul piano delle capacità sciistiche – sulle attrezzatura (sci e scarponi) il discorso è più complesso ed evito di affrontarlo, non essendo per altro di mia competenza.
Eppure, come dico nel titolo, queste cose sono sì accessorie, ma solo apparentemente; implicando un investimento di risorse mentali, di tempo, di economie ecc. che anticipano e in un certo senso accompagnano il nostro desiderio, la nostra passione per la montagna e lo sci.
Trovo poco comprensibili, in questo senso, che sciatori di buon livello, o a volte anche professionisti, siano in campo con attrezzature, o accessori, palesemente inadeguati, oppure con attrezzature adeguate ma non in ordine.
Questo aspetto dice, indirettamente, di un disinvestimento nei confronti dell’attività praticata, che, in specie per il professionista, rischia di avere un ruolo diseducativo o comunque di essere contraddittorio rispetto alla cura delle attrezzature che chiediamo ai giovani.
Ma in alcuni casi (che ho bene presenti nella realtà) mi comunica anche qualcosa d’altro, che va nella direzione di una difesa personale, a fronte di insicurezze sul piano delle proprie capacità: una sorta di retropensiero dove la persona si schernisce, si svaluta, evitando di investire in attrezzature di cui non si sente all’altezza…
Siamo qui su un piano che tocca l’Autostima (ovvero la percezione generale che si ha di sé come persona) e l’Autoefficacia Percepita (cioè a dire la capacità che quella stessa persona sente di avere nello svolgere un’attività specifica, come lo sci); aspetto chiave, ancorché disatteso, sul quale torneremo in uno dei prossimi appuntamenti.
Abbiamo detto che è difficile mantenere viva la motivazione per qualche cosa che si pratica in modo discontinuo e per uno sport in larga parte stagionale; ecco che uno “spostamento” di questo genere tutela la possibilità di percepire intatto il rapporto con la disciplina, nonostante la presenza di difficoltà logistiche e battute d’arresto più o meno prevedibili.
Inoltre non è solo un fatto motivazionale ad avere rilevanza (legato a una sorta di “costanza d’oggetto” con la cosa amata), ma anche il fatto che se coltivo mentalmente alcune sensazioni e immagini dell’attività sciistica, certamente una volta sugli sci quelle stesse sensazioni saranno meno sopite e remote.
Non dico che sia come l’aver sciato il giorno prima, ma certamente avremo più chiaro cosa cercare (focus), in termini di assetti, sensazioni, “ancoraggi positivi” al gesto.
È anche quella mentale e dell’investimento emotivo in cose accessorie, una forma di perseveranza (se vogliamo una strategia) che avvicina alla meta, allo “sciare meglio” e che – parafrasando Robert Half – rende l’impossibile possibile, il possibile probabile, il probabile certo.
Enrico Clementi – Educatore, Formatore, Consulente e Trainer educativo
Autore de: L’allenamento mentale nello sci alpino. Prospettive e strumenti dal mondo dell’educazione (BMS, 2020) http://www.bmsitaly.com/prodotto/allenamento-mentale-nello-sci-alpino/
Per info, contatti, attività formative e di orientamento: enricoclementi017@gmail.com