Mentale e disabilità nello sci alpino: l’esperienza dello Sci Club Paralimpic Cimone
A metà dicembre sono stato ospite, a Fanano (MO), degli amici dello Sci Club Paralimpic Cimone.
Ho fatto con loro una parte teorica e una prima parte pratica del corso per guide di persone con disabilità sensoriale, ossia non vedenti.
L’esperienza mi ha dato modo di conoscere una realtà storica del modenese che, in modo discreto e senza eccessivo clamore (oggi quella della disabilità è diventata a sua volta un’area di mercato sulla quale alcuni professionisti del settore, va detto, iniziano a puntare lo sguardo), svolge la sua attività formativa, educativa, di prevenzione e promozione sociale dal 2004.
In realtà le attività del gruppo di lavoro, tuttora diretto da Teresa Vittoria Padovan, iniziano sul finire degli anni Novanta e lo sci club ha il merito di aver partecipato attivamente alla costituzione della F.I.S.I.P. (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici); ovvero, la Federazione Sportiva Paralimpica alla quale il Comitato Italiano Paralimpico ha demandato la gestione, l’organizzazione e lo sviluppo dello Sci Alpino, dello Sci Nordico, del Biathlon e dello Snowboard e da ultimo del Bob.
Rimando per ulteriori informazioni e contatti alla pagina Facebook dello sci club https://www.facebook.com/SciParalimpicCimone essendo in preparazione, per fine febbraio, la settimana di avviamento agli sport invernali per ragazzi, adulti disabili e famiglie.
L’esperienza mi ha dato modo di ragionare sui punti di convergenza e di divergenza tra la gestione del mentale nello sci alpino per persone normodotate (ometto in questa sede una riflessione critica, che pure andrebbe fatta, sul concetto di “normalità”) e per persone con disabilità, in questo caso sensoriale.
A una prima lettura è evidente che la gestione di alcuni asset è di fatto invariata e non subisce particolari alterazioni: per fare un esempio, una buona attivazione, buone capacità di focalizzare sul qui e ora (sincronia), una buona gestione dell’energia, una percezione positiva di sé e delle proprie abilità di tipo tecnico (autoefficacia percepita) ecc. sono di fatto invariate.
A cambiare è il come si fa attivazione, il come si focalizza, il come si gestiscono l’attenzione, il tono muscolare, la coordinazione, nonché le leve sulle quali sviluppare o rafforzare autostima e autoefficacia percepita, ossia i così detti punti di forza.
Il “come” attiene quindi alla sfera del metodo, cioè a dire del modo in cui la persona in apprendimento o l’atleta – con disabilità o meno – fanno fronte a una difficoltà, a un imprevisto, trovando adattamenti e soluzioni funzionali allo scopo.
Come facile immaginare anche per il lettore che non ha esperienze in merito, una persona disabile in genere e un non vedente in particolare, nel mettere gli sci, nell’affrontare una discesa, nell’affidarsi a un altro (la guida) e ad input esclusivamente verbali e sonori, ha abilità che esuberano di gran lunga quelle di una persona normodotata.
Ancora a monte ha una motivazione, ha un “perché”, che sostiene e orienta la sua capacità di organizzarsi e riorganizzarsi dopo esperienze frustranti, fallimenti, errori,
Con la disabilità risulta oltremodo evidente che è il “perché” a organizzare e strutturare il “come” e che il “come” è più importante del “quando”, che a sua volta – come ci suggerisce Sammy Marcantognini (psicologo, psicoterapeuta e psicologo dello sport marchigiano) – è strutturato dal metodo: “chi ha un buon perché, trova sempre il come”!
Oltre a motivazione, gestione della frustrazione e resilienza, il non vedente, da esperienza personale diretta, ha strumenti e risorse per aiutare chi guida; cioè per dare eventuali ulteriori informazioni su come rendere più efficace ed efficiente (cioè semplice, economica) l’azione della guida o dell’aspirante guida.
C’è quindi con la persona non vedente uno spostamento sensoriale all’uditivo e alla sensibilità tattile, che come sappiamo, in alcune zone del corpo, tra le quali i piedi, ha un maggior numero di recettori.
Per cui il “sentire” per la persona non vedente e il rapporto tra sensazione e percezione, cioè tra informazione sensoriale e attribuzione di significato all’informazione stessa, è quanto mai centrale.
Si dice comunemente, in qualsiasi contesto d’apprendimento, che “si scia con i piedi (e a partire dai piedi) e non con la vista”, tanto è che si fanno esercizi di propriocezione, sia a secco che sugli sci, a occhi chiusi o bendati.
Per cui un’area di lavoro con il non vedente, corporea ma che coinvolge la percezione che si ha di sé in relazione allo spazio, è quella dell’immagine corporea, ossia dell’esperienza attuale (che riassume quella pregressa) del proprio corpo.
Sensazione e percezione tattile, canale uditivo (e quindi linguaggio, verbalizzazione), immagine corporea e schema corporeo, cinestesie, sono dunque le aree che caratterizzano il lavoro mentale con persone non vedenti.
Un ultimi aspetto da considerare, non secondario, è quello che riguarda i tempi di latenza, ossia la capacità, per un non vedente, di conoscere, di capire, solo quando sente o tocca: egli inizia a programmare l’atto motorio solo dopo aver percepito una sensazione (si immagini una contropendenza, o un dosso, o una compressione sul piano all’uscita di un muro), quindi non è possibile anticipare.
Pensiamo al grado di difficoltà e alle abilità che il non vedente sviluppa per gestire questo gap, in uno sport di situazione come lo sci, dove anticipazione motoria e differenziazione-adattamento hanno una rilevanza strategica.
Per cui le immagini mentali di chi non vede o vede male sono costruite a partire da percezioni date da tatto e movimento (si dice “aptiche”) e hanno la stessa proprietà funzionale delle immagini visive mentali – nei ciechi tardivi l’esperienza visiva precedente modula le caratteristiche di dette immagini, che possono essere conservate.
Concludo questa nota, assolutamente incompleta e provvisoria, ma che credo abbia il merito di tematizzare il rapporto tra allenamento mentale e disabilità sensoriale nello sci alpino, invitando il lettore ad approfondire l’argomento e ad avvicinarsi a realtà come lo Sci Club Paralimpic Cimone, per favorire la crescita di esperienze ancora poco noto e che oggi, per ragione contingenti, conoscono momenti di stallo e di difficoltà.
Enrico Clementi – Educatore, Formatore, Consulente e Trainer educativo https://enricoclementi.it/
Autore de: L’allenamento mentale nello sci alpino. Prospettive e strumenti dal mondo dell’educazione (BMS, 2020) http://www.bmsitaly.com/prodotto/allenamento-mentale-nello-sci-alpino/
Per info, contatti, attività formative e di orientamento: enricoclementi017@gmail.com