Lo sciatore “potente” 2: un profilo
Contesto e individualità
Nel precedente articolo, al quale rimando https://www.scimagazine.it/lo-sciatore-potente-ripensare-il-mentale-nello-sci-alpino/ abbiamo introdotto il concetto di self empowerment o potere personale. Concetto che, a seconda dei casi, è declinato sia come processo, che come sentimento o percezione, o ancora come azione.
Se processo, è riferibile all’aumento dell’autoefficacia personale e gruppale rispetto a un compito; se percezione, è riferito a un sentimento di padronanza, di controllo sul reale; se azione è riferito a un ampliamento delle opzioni di scelta, che il soggetto può praticare e rendere operative.
La prospettiva che stiamo sviluppando per il nostro settore sportivo, rappresenta il tentativo di svincolare il mentale da approcci riduzionisti, nell’evidenza della impossibilità di individuare linee di azione adeguate al reale, cioè capaci di tenere conto di tutti i suoi fattori.
D’altro canto, la nostra convinzione, è che vi siano elementi sovrastimati relativamente alla prestazione umana, e altri sottostimati – quali, ad esempio, l’interazione attuale tra individuo e ambiente, la dimensione relazionale/gruppale, e la rilevanza del contesto come fattore di apprendimento.
Lo sci alpino è uno sport individuale, ma non individualistico, che si allena, almeno fino alle categorie maggiori, in gruppo o in squadra; e riteniamo insufficiente l’attenzione alla componente individuale, sia sul piano dei sistemi che attivano e rafforzano la motivazione intrinseca (Sistemi Motivazionali Interpersonali), che sul piano metodologico.
Sul piano del metodo risulta così adeguata, perché conveniente, una doppia centratura di obiettivi, distinti ma interrelati: una sul singolo, l’altra sul gruppo. Con conseguente differenziazione di attività, tempistiche, indicatori.
Abbiamo maturato la convinzione, infatti, che al di là del singolo talento (che, anche su un piano statistico, non è propriamente paradigmatico), la costruzione di un “vivaio” o di un ricambio generazionale delle élite, passi da una logica di questo tipo e richieda investimenti importanti sulla dimensione gruppale.
Dimensione che ad oggi, per le ragioni anzidette, esprime negli sci club, nelle squadre di comitato o in altri gruppi (Osservati), il suo potenziale in maniera minima e in modo insufficiente.
Il profilo dello sciatore “potente”
Ciò comporta che il nastro lavoro di tecnici, a vari livelli e secondo uno specifico determinato dalla professione, trovi punti di raccordo e converga verso un’attività educativa (categoria minori), o formativa (fasi di transizione al professionismo) che:
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valorizzi e renda operativo, come detto, il contesto d’apprendimento, la relazione, l’ambiente: è quella che viene definita una formazione ecologica;
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tenga conto, come suggerisce Stefano Gheno (La formazione generativa. Un approccio all’apprendimento e al benessere delle persone e delle organizzazioni, 2010) della natura integrativa e integratrice dell’essere umano, che si esprime nell’influenza reciproca di dimensioni diverse (ad esempio personale e professionale). In altri termini, scrive ancora Gheno, quella verso la quale ci orientiamo è una formazione all’interità.
Consapevoli del fatto che non esistono prassi neutrali, e che alla base di ogni attività educativa o formativa, anche sportiva, agisce, in modo più o meno consapevole, un’ipotesi antropologica del soggetto al quale si rivolge (Cfr. S. Gheno, La formazione generativa., cit.), proviamo a delineare un modello di atleta sotteso ad un’attività che muove dalle caratteristiche anzidette.
Ci orienteremo poi, in articoli successivi, a definire i contenuti, la metodologia e gli strumenti di valutazione; strumenti di valutazione che guardino oltre il momento gara e che siano, sul piano delle intenzioni e del metodo, promozionali.
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Il nostro sciatore è innanzi tutto una persona e quindi una persona-atleta, che esprime il suo potenziale in base a risorse interne ed esterne, da rafforzare al fine di favorire generatività. Ossia un’azione consapevole, diretta a uno scopo liberamente scelto, rispettosa del contesto e aperta al futuro.
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Inoltre il nostro atleta, prima ancora che essere motivato, è una persona portatrice di desideri e bisogni che vanno conosciuti, riconosciuti, a volte orientati, mediati, sostenuti, definiti meglio.
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La sua struttura umana lo rende, come ognuno di noi, intrinsecamente generativo; ma questa generatività è subordinata a un desiderio/bisogno di riconoscimento, di valorizzazione, di utilità, di significato nelle cose che fa.
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Questa serie di bisogni, desideri, trovano poi delle resistenze, incontrano delle difficoltà, degli ostacoli, e posso tardare ad esprimersi e a trovare il modo per realizzarsi. Possono essere sabotati dal contesto, o auto-sabotati dalla persona stessa per ragioni di vario genere, a scapito del desiderio; tendendo a sottrargli – come scrive Gheno – energia e definizione.
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Spetta a noi tecnici e al contesto riconoscere le cause di questo sabotaggio, e depotenziare, o aggirare, individuando percorsi cognitivi vicari di attribuzione di senso, questi killer della persona (de-killering).
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Questo implica quote variabili di responsabilità soggettiva nel percorso di realizzazione delle proprie intuizioni, del proprio desiderio, delle proprie speranze, e che vi siano invece delle corresponsabilità molto chiare da parte dei tecnici, delle famiglie e delle altre figure adulte di riferimento.
Tutelare un desiderio
È a partire da un profilo di questo genere, cioè a dire da un’antropologia ben chiara (che risponde a domande quali: Quale atleta? Quale professionista? Per quale contesto e cultura? Per quale società?), che crediamo vadano ripensati contenuti e competenze, metodologia e strumenti, prassi valutative promozionali per il nostro sport.
Le proposizioni precedenti ci dicono che ancora prima della motivazione intrinseca, pure strategica negli apprendimenti, ancora a monte abbiamo la centralità del desiderio – che nulla ha a che fare, nella nostra lettura, con un “sogno ad occhi aperti” o con un vagheggiamento indotto.
Il nostro desiderio è un sentimento che, come detto, implica responsabilità, corresponsabilità (cioè relazione), analisi del reale, abilità operative; e implica difficoltà, ostacoli, sacrifici, fatica, e la necessità di considerare tale fatica nel concepire il processo di crescita personale e formativo.
Troppo spesso vediamo i nostri giovani abbandonare l’agonismo, o non esprimere le loro potenzialità, non avere comportamenti adeguati al contesto, non avere motivazione, costanza, determinazione, concentrazione e simili.
Tanti “non” al quale tuttavia non troviamo soluzione o risposta, se non reiterando contenuti che, con tutta evidenza, mostrano i loro limiti in termini di efficacia e tenuta temporale: ogni volta o periodicamente, su tanti piani, a tanti livelli, incluso il rispetto delle regole, siamo al punto di partenza!
Ma ancora a monte è il desiderio ad essere vulnerato, la pensabilità positiva, che richiede tempi ampi, modi, contesti (formali e non), opportunità di attenzione e cura, investimenti.
Un desiderio, infatti, è come un’esile pianticella appena spuntata dal terreno, basta poco per ucciderla: un po’ troppo sole, un po’ troppa pioggia, un vento un po’ troppo forte possono facilmente sradicarla.
Tutte cose che – al contrario – non preoccupano particolarmente una pianta ben radicata, ci ricorda Stefano Gheno (L’uso della forza. Il self empowerment nel lavoro psicosociale e comunitario, 2005).
Allora il punto non sembra essere quello di eliminare le insidie insite in un percorso di crescita e di apprendimento, né i fattori di stress che caratterizzano una vita d’atleta, ma di depotenziare comportamenti, parole, situazioni, capaci altrimenti di drenare risorse che permettono all’atleta di costruire scenari positivi.
Le strategie di de-killering rappresentano così una risorsa fondamentale nella facilitazione del processo di apertura di una nuova possibilità, permettendo l’accesso alle risorse interne che alimentano in prima istanza il passaggio dalla pensabilità alla possibilità. (S. Gheno, L’uso della forza., cit.)
Enrico Clementi enricoclementi017@gmail.com