KL: l’era di Steve McKinney, Pino Meynet e Pietro Albertelli
“Those were the days my friend”, cantava una giovane Mary Hopkin negli anni ’70, in un inno alla musica e alla nostalgia. Già, quelli erano i giorni con la maiuscola, giorni di gloria per lo sci tricolore, accarezzata dai fasti della Valanga Azzurra e giorni di cambiamenti epocali per tutta la società italiana.
Se il gennaio del 1974, giusto mezzo secolo fa, aveva portato nelle case degli italiani il mitico podio di Berchtesgaden, riscrivendo completamente la storia dello sci mondiale, luglio e le nevi del Plateau Rosa di Cervinia si riveleranno un vero giro di boa per il mondo della velocità con una leggendaria edizione del Kilometro Lanciato.
Prima di conoscere i protagonisti e i significativi record che furono segnati nella settimana che va dal 7 al 16 luglio sotto lo sguardo benevolo del Matterhorn, bisogna però fare un passo indietro, tornare con la cronaca in bianco e nero in una Cervinia ormai matura per fregiarsi del titolo di tempio della velocità, ciò che Montecarlo può vantare nel mondo della Formula Uno.
Record che si sgretolavano come neve al sole, tante sfide all’ultimo centesimo di secondo, cadute e tragedie mortali, ma soprattutto un interesse in costante crescita attorno a quelle poche centinaia di metri di ghiacciaio capaci di decretare l’uomo più veloce del mondo su un paio di sci. Per mondanità e qualità sportiva, il Kl negli anni ’70 è sinonimo di Cervinia.
“Nulla rispetto a quello che sta per accadere nel 1974, in uno show dove apoteosi e tragedia si fondono nella trama che nemmeno uno sceneggiatore di Hollywood avrebbe potuto ideare”, scrive Lorenzo Proverbio nel suo Kl, Storie oltre il limite. “Budget in crescita vertiginosa, visibilità alle stelle, vip, marchi a sgomitare per esserci e sorprese da togliere il fiato per un’edizione che segnerà un punto di non ritorno nella storia del Kl, un’annata, specchio di un’epoca in cui lo sport divenne per sempre qualche cosa d’altro”.
L’attesa
Si respira una frizzante atmosfera nei giorni precedenti alle gare, un’attesa piena di curiosità e aspettative, si vocifera di nuovi partecipanti, selezionati tra i giovani sportivi sempre più spericolati che da ogni Continente fanno domanda per partecipare alla gara sciistica più pazza del mondo. Nelle liste in mano a Mario Cravetto, Gran Visir della manifestazione, scorrono nomi ancora sconosciuti, una nuova generazione di sciatori che contenderà il record ai veterani Luigi Di Marco, Teresio Vachet, Kalevi Hakkinen, Agostino De Zordo, Walter Caffoni, Pino Meynet, Andrea Taddei, Alessandro e Alberto Casse, Umberto Giardini.
Dopo il periodo dei giapponesi si attendono quattro americani, privi di contratti con le case produttrici del materiale ad alta tecnologia ormai necessario per tentare il record assoluto e privi di una significativa storia nello sci. Dei “peones” come si dice con un po’ di snobismo tra i tanti appassionati che affollano gli alberghi.
Steve McKinney, Tom Simons, Paul Buchman e Craig Calonica, vantano brevi e sporadiche apparizioni nella nazionale Usa, subito abbandonata per manifesta insofferenza alle regole di una squadra. Ci sarà da divertirsi.
Un curriculum Fisi da discesista, specie nel circuito di Coppa Italia, ce l’ha l’esordiente Pietro Albertelli, un ventiduenne di Cevo in Valcamonica (Brescia) dall’aria sveglia e dalla parlantina sciolta; lui il suo Kl l’ha già vinto conquistando il consenso dei genitori per rischiare la pelle in quel gioco che sa essere molto pericoloso. Fisico leggero da torero e dei baffetti sottili che caratterizzano il volto. Non ha trovato ospitalità presso i grandi marchi che forniscono gli atleti più blasonati e si è dovuto portare da casa i Maxel da discesa libera, lunghi 2.22, utilizzati nelle gare a cui ha partecipato, concorrerà dunque al record dei “materiali di serie”, a cui il pubblico di appassionati, forse per maggiore vicinanza e identificazione, guarda con enorme interesse e simpatia.
Mentre la Lancia, sponsor ufficiale, trasporta con un cavo agganciato a un elicottero la nuova Beta Coupe per depositarla sulla linea d’arrivo del magico tracciato e presentarla, tra belle modelle in due pezzi, al pubblico mondiale, sulle strade di Cervinia si abbatte una vera tempesta mediatica. Eccoli, sono arrivati gli americani e nulla sarà più come prima. Raccontano ai giornalisti di una comune di alpinisti sul lago Tahoe, tra California e Nevada, dove vivono assieme in vecchie roulotte e in casette di legno che si sono costruiti, ma sembrano atterrare da una realtà parallela che gli italiani conoscono solo dai film.
La loro entrata nella scena valdostana dovrebbe essere accompagnata dalle note di Easy Rider, di Hair o di Jesus Christ Superstar. Diventeranno subito “la tribù hippie di Steve McKinney”, il più rappresentativo di loro per il fisico straordinario, i capelli lunghi e biondi da surfista californiano
C’è anche chi storce il naso, troppe chitarre e belle ragazze al seguito e, si vocifera, troppa marijuana negli zaini per essere dei veri sportivi. I vecchi non approvano, i ragazzi tra kappaellisti e pubblico apprezzano anche troppo. Si racconta di serate folli, degli americani che dormono con il sacco a pelo sotto le stelle perché insofferenti agli ambienti chiusi, di musica fino a tardi e di disinvolte relazioni amorose.
Dal Cervino soffia un vento di libertà, di rivoluzione generazionale che contagia tutto il mondo dello sci e perfino la Nazionale Azzurra, guidata da un severissimo Mario Cotelli. Venuta quassù per carpire qualche segreto agli uomini jet, ne verrà in qualche modo coinvolta con uno scandaletto dovuta all’atmosfera e agli ormoni giovanili. Peace, Love & Alta velocità.
In pochi giorni il carisma di Steve, Tom e Paul conquista tutti, televisioni e giornalisti accendono i riflettori su questa strana comune di fricchettoni che sta diventando il Kappaelle. Gli sponsor, tra cui Alitalia e Coca Cola, gongolano.
Belli sono belli, giovani sono giovani, liberi sono liberi, ma saranno anche coraggiosi e veloci? C’è un forte dubbio tra gli addetti ai lavori. Mentre i kappaellisti più rodati si allenano già nella galleria del vento del Lingotto o cavalcano i tetti delle auto sportive per trovare la migliore posizione, utilizzano caschi spaziali e tute sempre più lucide, gli americani sono arrivati a Cervinia con tanta buona volontà ma nessun equipaggiamento o test precedente. Elemosinano materiale qua e la ed è il buon Pino Meynet, idolo di tutta Italia, a imprestare i suoi Authier, gli sci squadra corse della Rossignol, al biondo Steve.
Il cronometro inizia a lavorare il 7 luglio, con l’attesa prima giornata dei materiali di serie. Due i record da battere, quello di Giardini dell’anno precedente a Cervinia e quello di Silvano Roude (150.863 km/h) registrato a La Plagne, in Francia.
Il crudele gioco dei record
L’8 luglio 1974 è uno di quei giorni destinato a entrare nella storia del Kl. Il ghiacciaio si presenta nella migliore condizione, c’è dibattito tra chi pensa che si possa superare il limite dei 150 km/h e chi è convinto che il massimo sia stato raggiunto e correre con quelle aste da discesa libera senza ulteriori rinforzi e senza aumentarne peso, spessore e risposta torsionale sia un’impresa troppo rischiosa. Per non parlare dei caschetti da discesa e delle tute prive di qualsiasi protezione.
È subito battaglia tra il veterano Casse, che piazza un impressionante 161,507 km/h e un giovane svizzero, l’esordiente Marc Beguelin, che gli tiene testa. Intorno a mezzogiorno Beguellin si tuffa nuovamente sul Plateu e tenta il tutto per tutto. È un attimo, un leggero errore, una sbandata, l’urto contro la piccola gobba che protegge la fotocellula. Il corpo del ragazzo, dopo una spaventosa caduta, giace senza vita sulla neve tra la disperazione dei suoi compagni.
“Show must go on”. La tre giorni dei materiali di serie non è ancora conclusa. Il mattino seguente, tra qualche rinuncia dovuto allo shock per l’accaduto, gli eroi del Kl sono ancora sul ghiacciaio. Si era nascosto fino ad allora Pietro Albertelli, il campione ancora sconosciuto al grande pubblico, ma la classe non è acqua e Pietro ne ha da vendere. Oggi è il suo giorno. Con una discesa mostruosa fissa il cronometro a 164,308 km/h, sgretolando ogni record precedente ed ergendosi sulle spalle dei due grandi amici-rivali Franz Kaiser e Pino Meynet.
Il Kl ha un nuovo eroe, un atleta che ha saputo correre in una situazione psicologicamente difficili e la sensazione generale è che per coraggio e competenza nella preparazione degli sci, Albertelli sia destinato a rimanere sul podio per molti anni.
L’era degli hippy volanti
L’incredibile trama del kl ’74 ha ancora molti capitoli da scrivere. Archiviati i materiali di serie, si parte con gli sci più tecnici, con le tute spaziali e le carenature tese a rosicchiare anche l’ultimo centesimo alle leggi della fisica. Si inizia con una grande sorpresa: l’allegra comunità dei “capelloni” americani si dimostra tutt’altro che sprovveduta. Se il quarto componente della banda, Craig Calonica, causa una frattura rimediata in un’arrampicata fuori programma, può solo spingere con il tifo i compagni, McKinney e Simons danno subito spettacolo. Tra qualche polemica sugli effetti della cannabis sulle prestazioni sportive e i laschi controlli anti doping, le varie sessioni di gara raccontano di una battaglia tra stelle e strisce e il nostro Pino Meynet, che conosce ogni centimetro del ghiacciaio di casa e in quanto a presenza fisica interpreta al meglio la nuova generazione di ragazzi terribili.184,237 km/h il record da battere, fatto segnare l’anno precedente dal grande Alessandro Casse.
Le prime selezioni dicono che sono in molti a potere limare questo risultato e la gara si indirizza subito in un duello Italia-Usa. McKinney e Simons inanellano grandi prestazioni, ma è Meynet a spodestare Casse dal trono con un ottimo 185,280 km/h.
Sembra impossibile fare di meglio, ma dopo un batti e ribatti nell’ultima discesa valida dell’ultimo giorno di Kl, arriva il trionfo di McKinney e la resa tricolore: 189,473 km/h, una velocità che molti tecnici pensavano irraggiungibile ai quei tempi. Il podio vedrà terzo l’altro americano genio e sregolatezza, Tom Simons.
Con festeggiamenti memorabili si apre una nuova era, nel segno di Pietro Albertelli e di Steve McKinney. La sfida continua.
Luca Steffenoni