In volo per Vail
Per la terza volta in un quarto di secolo i Mondiali sbarcano in questa maestosa località nordamericana. Alla scoperta della stazione sciistica che in 50 anni è diventata il centro gravitazionale del nostro sport: i pronostici, le piste e le attività (anche extra sci) in vista delle due settimane iridate
E’ la meta invernale statunitense per eccellenza, se non altro perché già due volte negli ultimi anni i Mondiali di sci si sono tenuti su queste piste. Vail – Beaver Creek è la patria dello sci Usa, una delle località mito per l’europeo appassionato di neve, che vede gli atleti sfrecciare sulla Birds of Pray ogni novembre e sogna la powder del Colorado.
Innanzitutto, Vail e Beaver Creek sono due resort distinti, non collegati sci ai piedi, ma che distano pochi chilometri tra loro, 20 minuti circa in auto e 160 chilometri da Denver. A Vail troviamo 31 impianti di risalita che servono 195 piste per una zona sciabile complessiva di 5289 acri, mentre a Beaver Creek ci sono 24 impianti e 150 piste per un comprensorio di 1832 acri. Insomma, oppurtunità pressoché illimitate di spaziare sci ai piedi, sia su piste battute che non.
Come in ogni località Nordamericana le stazioni vengono valutate in “acri sciabili” e non in “chilometri di piste” proprio perché la concezione è quella di sciare l’intera montagna, dentro e fuori i tracciati delimitati.
Vail è una cosiddetta stazione di “ski totale”, ovvero di una destinazione nata per lo sci che poi si è sviluppata in paese con un nucleo abitativo perenne e non solo staginale.
Era il 1957, quando Pete Seibert, un ex combattente dell’esercito americano della 10 Divisione di montagna, che qui aveva fatto la sua formazione prima di combattere sul fronte alpino italiano, pensò di creare una stazione sciistica. Idea che si concretizzò cinque anni dopo, nel 1962, quando nacque Vail.
La vocazione agonistica di questa vallata inizia invece nel 1983, con le finali di Coppa del mondo del 1994 e del 1997 e i Mondiali del 1989 e del 1999. Inoltre, le particolari condizioni climatiche e di innevamento che si trovano su questi versanti hanno fatto sì che da queste parti fossero recuperate negli anni varie gare che erano state cancellate ad Aspen, Whistler, Park City ma anche in Europa, a Val d’Isere.
E proprio le gare sono state uno dei veicoli grazie ai quali questa località si è affermata come “la” stazione nordamericana nell’immaginario degli sciatori del vecchio continente e, in seguito alle passate rassegne iridate, gli arrivi di turisti internazionali hanno raggiunto la doppia cifra.
Le piste mondiali
Si trovano entrambe a Beaver Creek. La Birds of Prey (Uccelli da preda) è già nota perché ogni anno vi si corrono le gare maschili di Coppa del mondo. Le donne si confronteranno invece sulla Raptor (Rapace, tanto per restare in tema), che è stata costruita apposta per questo evento (è stata terminata nell’estate del 2013) e corre parallela alla Birds of Prey. Nell’occasione all’arrivo è stato costruito il Talons restaurant, che durante i giorni di gara ospiterà il Media center principale dei campionati.
Regoliamo l’ora
Il colorado è otto ore indietro rispetto al nostro orario: le gare inizieranno tutte tra le 18 e le 19 in Italia
Oltre le piste
Dovete accompagnare il marito o la moglie che non ha mai messo gli sci ai piedi? Vail propone valide alternative alle piste, a patto che non soffriate il mal d’auto… Vediamole.
Primo giorno. Spaventata dalle temperature descritte come polari, scelgo come prima alternativa allo sci una gita su un mezzo coperto e riscaldato. Si comincia con un’ora di pulmino per arrivare all’interno del White river national park, dove salgo su un gatto delle nevi rumorosissimo per raggiungere un paio di luoghi panoramici, monotoni per la verità, tutto abeti e vallate ricoperte di neve, che però danno subito l’idea di una vastità di spazi a cui noi italiani non siamo abituati. Il momento migliore è stato il pranzo: un buonissimo hamburger in uno chalet con un caminetto da favola. Sono quasi costretta a guardare fuori dalle ampie finestre per tutto il tempo perché le pareti sono ricoperte di animali impagliati tra cui ben due puma. Immancabile per la location, il lampadario fatto con i palchi dei cervi. Purtroppo si rientra, un’altra ora di gatto… Lo ammetto, forse a causa del fuso orario, ho dormito!
Secondo giorno. Giro in libertà
Grazie al tempo che vira al bello decido di vedere Vail più da vicino e, partendo dall’hotel che si trova nella zona centrale, mi incammino a piedi per la strada principale fino alla zona est. Passo davanti a una delle due caserme dei pompieri, all’ospedale, al palazzo del ghiaccio, alla biblioteca aperta dalle 10 del mattino alle 10 di sera. Raggiungo Lionshead Village, una zona commerciale molto carina con costruzioni in stile pseudo tirolese. Si sprecano torri, orologi e campane. Pittoresca la pista di pattinaggio, aperta dalle 13 fino a sera, circondata da una doppia scalinata (a fianco c’e il locale per noleggiare i pattini a 20 dollari).
Praticamente Vail si sviluppa tra le sponde di un piccolo torrente e la strada Interstatale 70 che la collega con Denver. La camminata può continuare lungo un sentiero che costeggia il torrente e offre a chi non scia la possibilità di godere di scorci panoramici molto suggestivi e magari di avvistare qualche scoiattolo. Lungo il sentiero ci sono le indicazioni riguardo le lunghezze delle tratte, così ci si può regolare quando è il momento di tornare indietro. Incrocio alcuni patiti di running, nonostante in molti punti la neve sia ghiacciata, e osservo con invidia fantastiche villette con all’esterno la vasca idromassaggio privata e riscaldata.
Volendo, con 30 dollari si possono noleggiare le ciaspole e fare il percorso completo da est a ovest di Vail lungo questo stesso sentiero. Senza fretta e senza allenamento, come nel mio caso, ci si impiegano circa due ore e mezza.
Nel pomeriggio vado a curiosare alle partenze delle seggiovie e delle cabinovie, che qui chiamano gondole. Sono a un tiro di schioppo dal centro, infatti molti ci arrivano a piedi. Sci in spalla e via!
Terzo giorno. Sleddog
Ok, ci risiamo. Quasi un’ora di pulmino per raggiungere un’area all’interno del White river natural park dove, prenotando il giorno prima, si può fare un giro di circa mezz’ora su una slitta trainata dai cani. Mi sento molto Jack London e sono affascinata, più che dal paesaggio magnifico, dalla voglia dei cani di correre e dai guaiti di quelli che, invece, devono restare al campo. Certo, qualche scossone lo si prende (tipo i salti di onda con il gommone), ma il freddo tanto temuto è scongiurato da due coperte e dai lembi impermeabili della slitta che si chiudono avvolgendomi come in un bozzolo. Al rientro la guida mi presenta i cani che hanno formato la muta. Si accettano carezze! E poi, per me, il momento migliore: 15 minuti di coccole a tutti i cani del campo che si contendono la mia attenzione. Poi… un’altra ora di pulmino.
Quarto giorno. Shopping
Effettivamente, sapendo che vengo da Milano sono tutti stupiti dal fatto che mi interessi andare al centro commerciale più vicino (20 minuti di autobus) ma tant’è…
E infatti, niente di speciale. In questo devo dire che in Italia abbiamo imparato la lezione e superato il maestro soprattutto dal punto di vista estetico. Qui si punta molto sulle dimensioni e sul numero di parcheggi, ma alla fine come quantità di negozi un qualsiasi outlet del nord Italia eguaglia o supera tranquillamente questo Silverthorne outlets. Comunque qualche jeans e qualche polo a prezzi stracciati la si trova sempre.
Divertente il fatto che i tre blocchi del centro commerciale siano attraversati dall’ennesimo torrente dove si incontrano numerosi personaggi perfettamente equipaggiati per la pesca sul fiume, o sarebbe meglio dire nel fiume, visto che sono nell’acqua fino al ginocchio, incuranti della superstrada che scorre alle loro spalle e dei turisti carichi di borse che gli passano accanto. Rientro, manco a dirlo, in pulmino.
Quinto giorno. Giro con la motoslitta
A ridagli… Comincio a conoscere la strada a memoria. Stavolta l’ora di pulmino vale la pena perché ci aspettano le motoslitte per un giro guidato all’interno del parco. Per l’attrezzatura non c’è problema, bastano una giacca a vento e dei pantaloni impermeabili; scarpe e casco si noleggiano sul posto. Lo ammetto, ho fatto il passeggero, ma ho visto molte donne guidare la motoslitta senza difficoltà anche perché il percorso è abbastanza facile e la nostra guida molto paziente…
Si tocca con mano la bellezza di questi luoghi che sembrano nati per ospitare una stazione sciistica. Tornando al giro, la guida concede alcune pause per scattare le foto e per apprezzare la pace e il silenzio. Con il cielo sereno la temperatura è sotto zero (la neve è cristallizzata anche se sono le 11 del mattino), ma al sole si sta benissimo. È già ora di risalire sul pulmino, ma stavolta creo un diversivo. Nei giorni passati abbiamo attraversato più volte un villaggio molto caratteristico che si chiamo Minturn. Uno dei tanti autisti, non ricordo quale ormai, ha raccontato che diverse case risalgono al periodo della corsa all’oro. Chiedo di fare una sosta e trovo il prototipo dell’abitazione americana, con tanto di bandiera sventolante. Volendo ci si può fermare a mangiare, ho letto su un giornale che c’è un locale la cui specialità è il giros alla greca. Roba da matti; no, da americani.
Sesto giorno. Spa e tubing
Visto che l’indomani torno a casa e mi aspettano due ore e mezzo di pullman per arrivare all’aeroporto di Denver, mi vizio con una mattinata alla spa (ce ne sono parecchie all’interno dei grand hotel e l’ingresso è consentito anche agli esterni), dove tra manicure, pedicure e massaggio alla rosa spendo quanto due giorni di skipass. Rimessa a nuovo, visto che il cielo è sereno, decido di prendere la Gondola one che parte dal centro di Vail e raggiunge il crinale per godermi il tramonto. All’arrivo scopro che si può provare il tubing, la discesa con la ciambella di gomma. Mi butto! Resisto tre giri, perché la salita si fa con il magic carpet, poi il mio fondoschiena dà forfait. Mi sa che i benefici del massaggio sono andati a farsi benedire.
Il problema della distanza
Dall’Italia non è certo una passeggiata. Tra i due voli e il transfert in pullman bisogna mettere in conto almeno 24 ore di viaggio. Se si ha già in programma un soggiorno negli Stati Uniti nel periodo invernale, magari a New York o a San Francisco, e si hanno almeno quattro giorni da dedicare allo sci, ne vale sicuramente la pena.
Il paradiso ha un prezzo
La Disneyland degli sciatori si fa decisamente pagare. Gli skipass giornalieri costano 145 dollari. La combinazione di tre giorni, 130 dollari al giorno. C’è da dire che le piste sono tantissime e si può sciare fino al tramonto senza percorrere due volte lo stesso tracciato. E si può risparmiare qualcosa sul cibo: ci sono infatti locali per tutti i gusti e per tutte le tasche. Sul sito www.vail.com si trovano anche offerte di soggiorni a 59 dollari a notte. Ma sono eccezioni. Gli hotel hanno prezzi medi di 300 dollari a notte per persona. Vale poi la pena fare un giro di ricognizione per confrontare i prezzi dei noleggi per le attrezzature: allontanandosi di poco dagli impianti di risalita si possono avere gradite sorprese.
Animali? Solo scolpiti
Il pericolo di uscire la sera non è scivolare, dato che i marciapiedi di tutte le zone pedonali sono riscaldati, ma avere un mancamento alla vista dell’ombra di una delle tante sculture a grandezza naturale di animali montani, come alci, orsi, aquile, cerbiatti che si affacciano dalle aiuole.