I giorni magici di Cervinia
“Those were the days my friend” recita la canzone. Già, quelli erano giorni, giorni fatati che cadevano nelle prime due settimane di luglio. Giorni epici, giorni di adrenalina e di gloria, giorni di paura e di gioia. Giorni da record. Quindici giorni immortalati dalla sfacciata bellezza della gioventù.
Difficile se non impossibile spiegare a chi è nato nel nuovo secolo cosa sia stato il Kl, il Kilometro lanciato di Cervinia e quanto questa folle corsa al record di velocità sulla neve abbia incarnato lo spirito degli anni ‘70, quanto ne abbia rappresentato l’essenza non solo sportiva.
Il Kl a Cervinia si era presentato già nel 1947 con la sfida tra il nostro Zeno Colò e il “pipistrello volante” Leo Gasperl, era tornato nel 1960 e nel 1963 con i successi del grande Luigi Di Marco, ma sono quelle sette incredibili stagioni finite brutalmente nel ‘77, a segnare un’epoca e rimanere nel cuore degli appassionati di tutto il mondo. Cervinia è il Kl, come Monza è la Formula 1 e Wimbledon è il tennis.
Lo Speed skiing, come viene chiamato oggi, è andato avanti, i 200 all’ora sono stati frantumati in un attimo, i record si sono sommati ai record, l’epopea dei fratelli Origone e di Valentina Greggio ha portato la velocità su sci a superare i 250/h, ma i tempi spensierati dei capelli lunghi, delle chitarre, delle giornate soleggiate e delle notti folli sotto le stelle della Valtournenche sono rimasti lassù, avvolti dal mito, dalla leggenda e dai ricordi di chi c’era.
Molti si chiedono perché si corresse a luglio. Le prime due settimane d’estate presentano il ghiacciaio del Plateau Rosa nelle migliori condizioni, l’umidità scarica l’acqua che alimenterà il terreno sottostante, la neve si compatta e si velocizza. Se, dio non voglia, si arriverà un domani a barrare le piste del Kl, è certo che fino a oggi, almeno a Cervinia, il coraggio e la follia dei kappaellisti sia baciata dal sole delle due prime settimane di luglio.
Alberghi pieni, giornalisti e fotografi da tutto il mondo, le grandi marche d’attrezzatura sportiva che si contendevano l’attenzione dei media, eventi mondani, auto da sogno e belle donne, vip dello spettacolo e dello sport. Tutti volevano fare da cornice agli uomini jet e alle loro tute da marziani.
Allora le stimmate del coraggio e della tecnica recitavano i nomi di Casse, di Vachet, di Caffoni, di Hakkinen, di De Zordo, del giapponese Morishita e dei fricchettoni americani Mc Kinney e Simons. L’epopea dello sci veloce celebrava i suoi eroi e quei numeri che a ogni appuntamento di luglio cadevano come fiocchi di neve. Pino Meynet che fissa il cronometro a 194,384 km/h, record assoluto della pista, Pietro Albertelli che porta l’asticella dello sci di serie a 190,577 km/h.
Tutti a cercare il limite, a inseguire la magnifica ossessione di quel record, incidere il proprio nome su quella medaglia, lasciare la propria orma nella storia dello sci. Per loro, per i Superman dai caschi aerodinamici non c’erano tanti soldi, lo sci da velocità, allora come adesso era unicamente passione, l’essenza dello sport, la brutalità del gesto agonistico bruciato sull’ordine dei centesimi di secondo, nella quale una spigolata poteva fare la differenza tra la vita e la morte, come ricordano i drammi che hanno insanguinato la neve del ghiacciaio.
Certo è che in quelle sette stagioni, grazie all’impegno di una generazione di atleti formidabili, la tecnica e la preparazione dei materiali ha fatto un salto immenso. Dietro agli sci da record, alle scioline, alle tute e ai caschi c’erano aziende e uomini concentrati sul risultato finale, con ricadute sul mercato delle quali, anche noi sciatori della domenica, abbiamo beneficiato per lungo tempo.
E allora la domanda è sempre la stessa. Potrà mai tornare il Kl sotto il Cervino? I pareri si scontrano. Il ghiacciaio in questi anni è cambiato, lo spessore è diminuito, le inclinazioni sono diverse. Accanto alla roccia si è aperta una vera voragine che andrebbe riempita. La pista si trova in territorio svizzero e non c’è stato mai un interesse da parte dei vicini elvetici a farlo rivivere. I costi sono aumentati, il pubblico diminuito. E poi la madre di tutte le domande: ha senso coltivare questo sogno? Le spaventose velocità toccate da Simone, Ivan e Valentina, sono impensabili su questo pendio. Un nuovo record assoluto qui non si può fare. Si potrebbe fare invece una tappa del circuito di coppa con velocità più basse, dando spazio agli atleti più giovani, ai futuri campioni di domani.
Ma forse il killer che affossa il Kl sul nostro territorio, abita altrove. Nella psicologia di un’Italia che un tempo correva e oggi va al rallentatore. In una decrescita infelice che non sposa più il mito marinettiano della rapidità, del rischio e del coraggio, forse disinteressata a celebrare il millesimo di secondo. Perfino la conclusione degli anni di Cervinia è avvolta nel mistero e nella mitologia, giunta inaspettata mentre tutti i campioni attendevano la convocazione per il 1978. Una sorta di suicidio dello speed skiing, di nichilistica esigenza di uccidere una corsa troppo bella per durare nel tempo.
Breuil Cervinia ha ballato per sette estati, ci ha reso felici, oggi con un po’ di nostalgia brindiamo ai suoi protagonisti, alla sua Belle Epoque, destinata, come tutte le stagioni della vita, a finire.
Auguri!
Luca Steffenoni