Fede nella storia: la consacrazione arriva dopo anni di dura scalata
Se qualcuno non se n’era ancora accorto, è da un pezzo che non c’è più una sola Fede nazionale. Certo, Federica Pellegrini ha vinto una quantità industriale di medaglie d’oro, soprattutto mondiali, sei in vasca lunga, più una olimpica, prima e finora unica nuotatrice italiana a riuscirci. Ma anche quello di oggi di Federica Brignone, sancito dalla cancellazione delle gare di Are, è un trionfo epocale, il primo di un’atleta italiana nella Coppa del Mondo generale di sci alpino femminile.
Dicevamo che molti avrebbero dovuto accorgersi di lei da tempo, e avrebbero dovuto farlo già dalle prime interviste che rilasciò dopo il primo dei suoi 39 podi in Coppa, il terzo posto nel gigante di Aspen del 28 novembre 2009, alla sua quinta gara nel Circo Rosa e a due anni dall’esordio quasi casuale a Lienz del 28 dicembre 2007, interviste che lasciavano già trapelare quanto fosse tosta questa ragazza di 19 anni. Diceva infatti: “Voglio essere la più forte di tutte”. Il che significava che non voleva essere la più forte solo in gigante, ma eccellere anche in tutte le altre specialità, perché il suo sogno è sempre stato quello della polivalenza, condizione necessaria per puntare al suo più grande obiettivo, ancora più dell’oro olimpico e mondiale: vincere la Coppa de Mondo generale, per essere definita l’atleta più forte di un’intera stagione, e non solo di una gara del grande evento con le medaglie. Quell’obiettivo, oggi, lo ha finalmente raggiunto. Insomma, un peperino fin da allora perfettamente consapevole dei propri obiettivi e delle proprie capacità e dalla parlantina fluente e senza peli sulla lingua, caratteristiche che la accomunano a mamma Maria Rosa “Ninna” Quario, tuttora l’italiana con più vittorie in slalom in Coppa del Mondo, quattro.
Fede l’agonismo ce l’ha nel sangue: non sa mai stare ferma e pratica moltissimi sport, specialmente il surf, e a volte è fin troppo esuberante nella sua grande gioia di vivere. Eppure, per quanto riguarda lo sci, la sua scalata verso la polivalenza e quindi verso il vertice assoluto è stata lunga e piena di contrattempi, a cominciare dagli infortuni: nel dicembre 2012 venne operata per una cisti alla caviglia destra di cui soffriva già dall’estate e dovette saltare il resto della stagione; nella primavera del 2014 finì di nuovo sotto i ferri per un’ernia addominale; nell’estate del 2017 venne colpita dalla pubalgia, a causa della quale dovette interrompere la preparazione estiva in Sudamerica e non poté disputare il gigante di apertura di Soelden; un anno dopo, in un allenamento di superG a Zermatt si procurò uno stiramento al collaterale laterale del ginocchio sinistro con relativa contusione ossea e dovette saltare la trasferta sudamericana. Guarda caso quest’anno durante l’estate non ha avuto il minimo problema, ha potuto finalmente completare gli allenamenti nell’emisfero australe e i risultati si sono visti.
Ma un altro motivo che ha rallentato l’arrivo di Federica al vertice dello sci mondiale è stata l’inspiegabile scelta tecnica di farla gareggiare stabilmente, o quasi, nella velocità, solo dai primi mesi del 2016, e di farle sprecare preziose energie nello slalom, da sempre la sua specialità meno competitiva. Il progetto polivalenza è stato quindi, di fatto, portato avanti solo nelle ultime cinque stagioni. Fu proprio in quel 2015-2016 che Fede vinse la sua prima gara di Coppa nel gigante di Soelden, a un’età, 25 anni e mesi, in cui mamma Ninna aveva già appeso sci e scarponi al chiodo. Quello fu l’inverno della svolta per la classifica generale: arrivò per la prima volta nelle prime dieci, ottava, poi è stata quinta, undicesima e sesta nelle stagioni successive, fino al trionfo di quest’anno.
Se aggiungiamo che durante la corrente stagione è stata concreta psicologicamente e tecnicamente come non mai, specialmente nella sua specialità base, il gigante, possiamo capire che ci troviamo davanti un’atleta all’apice della sua maturità. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, le sue proverbiali pieghe, che qualche presunto grande esperto ha scoperto solo quest’anno, quando invece Fede le faceva già dieci anni fa, sono diventate sinonimo di solidità impressionante e un esempio da imitare per le avversarie. Parlando invece della sua serenità psicologica, non c’è dubbio che in notevole parte, per non dire in esclusiva, vi ha contribuito il fratello minore Davide, che la accompagna come un’ombra da poco prima dei Mondiali di St. Moritz 2017 e che è riuscito, seppure con fatica, a guadagnarsi la fiducia da parte dello staff tecnico azzurro, fino a diventare in questa stagione un punto fermo insostituibile per una fuoriclasse come la sorella.
Certo, Mikaela Shiffrin è stata fortemente condizionata dalla morte del padre Jeff, e molto probabilmente già dal prossimo inverno riprenderà il suo dominio sulla Coppa del Mondo, ma Fede è stata brava ad approfittare della sua assenza senza mettersi pressione addosso, e se resterà quella di quest’anno, o anche un filino meno, può regalare agli appassionati di sci italiani ancora tante soddisfazioni: non dimentichiamo che il duello in pista con Sofia Goggia, parzialmente mancato in questa stagione, può trascinare entrambe e anche il resto della squadra azzurra verso ulteriori livelli di eccellenza, e per Federica, a questo punto, ora che ha realizzato il sogno della sua vita, il prossimo obiettivo non può che essere un oro ai Mondiali di Cortina 2021, dieci anni dopo l’argento in gigante a Garmisch-Partenkirchen, nonché il titolo a cinque cerchi a Pechino 2022 dopo il bronzo olimpico, sempre in gigante, a Pyeongchang 2018. Intanto oggi la valdostana, nata il 14 luglio 1990 a Milano ma residente a La Salle, ha riscritto la storia dello sci alpino azzurro, e noi, in un momento tremendo per l’Italia a causa del Coronavirus, non possiamo che esserne immensamente felici.
Foto: FISI Pentaphoto