Corrado Macciò: “I miei 6 anni da presidente del Pool”
La notizia è di quelle destinate a far rumore. Corrado Macciò non è più il presidente del Pool Sci Italia; al suo posto è stato eletto Emilio Fontana. Dopo 3 mandati e 6 anni di lavoro finisce dunque un ciclo.
Abbiamo incontrato Macciò nel suo ufficio di Rapallo per ripercorrere queste 6 stagioni che lui definisce “intense e ricche di soddisfazioni”.
«Ho dedicato tantissimi anni al Pool. Basti pensare che Head ne è entrata a far parte nel 1996; ai tempi c’era Bebi Zolla in azienda. All’inizio lo affiancai, mentre il presidente del Pool era Gaetano Coppi. Uomini che avevano contribuito a costruire il nostro mondo. In seguito, Zolla divenne presidente quando Coppi passò alla direzione della Fisi. In quel periodo si gettarono le basi per un progetto più ampio. Il Pool, oltre a dedicarsi alla fornitura di materiale alle nazionali, avrebbe esteso il suo raggio d’azione; e nacque Prove Libere Tour. Eravamo agli inizi degli anni 2000. A quei tempi ero consigliere e ho seguito il progetto, mentre segretario era Umberto Pagani».
E poi?
«Poi nel 2017 divenni presidente, incarico che ho ricoperto fino a pochi giorni fa. Sono stati anni non semplici, ma il bilancio è senza dubbio positivo. Possiamo dividerli in 3 fasi. I primi 2 anni sono stati di transizione, anche di difficoltà. La vecchia presidenza, quella di Augusto Prati, sembrava non riscuotesse, a torto, la totale fiducia da parte del Consiglio, erano entrate nuove realta, alcuni ruoli all’interno del Pool erano poco definiti, non avevamo più chi si occupasse di comunicazione, il supporto del commercialista non era soddisfacente e al Segretario veniva contestato il troppo “potere”. Tutto ciò non ci metteva nelle condizioni di lavorare al meglio. Le prospettive che si presentavano per il dopo Prati non mi convincevano, perciò decisi di dare la mia disponibilità. Appena eletto cercai subito di mettere un po’ di ordine. Arrivò Paolo Montino in sostituzione del vecchio commercialista che ci seguiva, ma che non ci soddisfaceva, prese in mano i conti e questo rasserenò gli animi perchè c’era più trasparenza, tenendoci aggiornati sull’andamento finanziario del Consorzio. Sia chiaro, anche prima non era accaduto nulla da poter dare adito a dubbi, però finalmente era stata inserita una figura integrata costantemente nel gruppo di lavoro, delegata a questo ruolo. Il secondo passaggio fondamentale ha coinciso con l’entrata di Matilde Gava come responsabile Marketing, comunicazione, ufficio stampa e organizzatrice di tutti gli eventi. Da quel momento la comunicazione verso l’esterno è stata più moderna, adeguata al ruolo che il Pool ricopriva. Matilde ha svolto, e svolge tutt’ora, davvero un ottimo lavoro. Insomma, i miei primi 2 anni di mandato sono serviti per mettere ordine, per togliere un po’ di ruggine a un meccanismo che aveva bisogno di essere oliato. Poi, purtroppo, è arrivato il Covid e per le successive 2 stagioni tutto o quasi è rimasto congelato. Finita la pandemia, ci siamo rimessi a lavorare a testa bassa riprendendo in mano i progetti che erano rimasti nel cassetto e, secondo me, sono stati 2 anni, gli ultimi del mio mandato, davvero positivi e proficui, durante i quali il Pool si è rafforzato e ha ampliato ulteriormente il proprio raggio d’azione».
Entrando più nel dettaglio, quali sono le iniziative di cui vai più orgoglioso?
«Intanto, credo, assieme al nuovo gruppo di lavoro, di avere portato un modo di agire diverso, abbiamo sempre cercato di coinvolgere tutti gli iscritti, non solo il Consiglio e siamo stati i primi a organizzare tavoli di lavoro, aperti a tutti i consorziati che volessero dare il loro contributo, come quello su Prowinter e Prove Libere Retail. Prima c’era poco interesse. Si fornivano le attrezzature agli atleti e basta. Invece, da dopo il Covid e grazie anche a queste iniziative, siamo riusciti a coinvolgere attivamente anche le aziende di accessori, farle diventare parte attiva del Pool. Lo dimostra il fatto che adesso in assemblea vengono tutti i 26 marchi iscritti. Oggi il Pool è appetibile e rappresenta un elemento di grosso peso nel nostro mondo».
Hai accennato a Prowinter. Dicci qualcosa di più…
«Si tratta di un progetto che nasce un pò per caso, dall’incontro di più fattori. Come conseguenza alla pandemia, c’era la necessità di anticipare gli ordini a causa dell’allungarsi dei tempi di consegna delle materie prime. E ad aprile, come era calendarizzata prima la fiera, non aveva più senso parteciparvi perché era troppo tardi. E siccome Ispo Monaco si era “suicidata” con lo spostamento a novembre, si apriva uno spazio per le aziende per presentare le novità dell’inverno successivo. Ci siamo allora messi attorno a un tavolo con gli organizzatori della fiera e, seguendo il nostro consiglio, hanno accettato di anticiparla a gennaio, una data per noi ideale per incontrare i nostri clienti e organizzare la campagna per la raccolta degli ordini. Certo, era una scommessa e tutti l’abbiamo accettata. Il Pool ha acquistato gli spazi e poi li ha dati alle singole aziende. Li abbiamo uniformati, così come abbiamo uniformato il tipo di stand. In questo modo siamo riusciti a contenere di tanto i costi rispetto a quanto spendevamo per Ispo, presentandoci in maniera più unita, uniforme, con stand simili e di uguale metratura. Tanto poi quello che cambia è ciò che ci metti dentro…».
E come è andata?
«Il risultato ha superato le più rosee previsioni. C’è stato un ottimo afflusso di pubblico e la campagna vendite è partita molto bene».
Quindi a gennaio si bissa?
«Direi di sì, visto il risultato il progetto dovrebbe proseguire. Già lo scorso gennaio, finita la fiera, parlavamo di un ulteriore sviluppo, quello di spostare Prove Libere Retail in contemporanea a Prowinter, in una località vicina. I vantaggi sarebbero duplici, per il pubblico, che può in un solo giorno visitare la fiera e testare le novità sul campo, e per le aziende, che riuscirebbero a ottimizzare tempo e costi. L’organizzazione è complessa, ma con la volontà di tutte le parti ci si dovrebbe riuscire».
Una bella soddisfazione…
«Sì, perché il Pool in questa situazione ha dimostrato di potersi sedere attorno a un tavolo con gli organizzatori della fiera e trovare una quadra, dalla quale tutti ne hanno avuto un beneficio. Un grande merito di questo va a Matilde, che ha lavorato tantissimo al progetto, e un plauso va, ovviamente, agli organizzatori, che hanno accettato con noi questa sfida. Non dimentichiamo che Prowinter nasce come fiera del noleggio e che nelle ultime stagioni faticava parecchio. Grazie al Pool ha ripreso nuova linfa e questo è un bene per tutto il movimento».
Parliamo di Prove Libere Tour.
«Un’altra iniziativa fondamentale per tutti noi. Un tour itinerante che ci permette di far conoscere le nostre novità e di venire a contatto con il pubblico, raccogliendo dati che per noi sono preziosi. E proprio questi dati fino a poco tempo fa erano presi in maniera diciamo un po’ artigianale. Dallo scorso anno, invece, tutto è stato digitalizzato grazie a un’App, e inserito in un data base. Ritengo che questo sia un passo avanti importante perché ci permette di tracciare un profilo preciso dello sciatore tipo e capirne fascia di età, livello tecnico, frequenza, eccetera. E infatti, ad esempio, proprio dai dati analizzati, si è visto come non sia vero, come si pensava, che i principali acquirenti siano persone di almeno una cinquantina di anni; una buona fetta di mercato, infatti, è coperta dai giovani, dai 20, 30 anni. E non parlo di agonisti».
Altra iniziativa “storica” del Pool è l’organizzazione dei test per le riviste. Ce ne vuoi parlare?
«Tutto nasce 20 anni fa dall’esigenza delle aziende di non rincorrere più le riviste per i singoli test. Sciare, Sci e via dicendo si organizzavano ognuna per conto proprio e per noi era diventato insostenibile sia per i costi sia per i tempi che ciò richiedeva. Allora si è deciso di armonizzare la cosa e sono nati i test a Pampeago. In una settimana si faceva tutto e si portava a casa il lavoro. L’idea ha funzionato nonostante qualche resistenza agli inizi. Con il passare degli anni si è cercato di migliorare sempre e con l’uscita di Umberto Pagani, lo storico organizzatore, da qualche stagione ho preso maggiormente in mano l’organizzazione, anche per supportare Matilde che nel frattempo è diventata la responsabile organizzativa sostituendo Umberto, con l’intento di spostare il tiro dei test, senza ovviamente stravolgere nulla. Non più il voto secco, il prodotto più bello in assoluto, ma quello più giusto per il tipo di sciatore. Questa è la filosofia che abbiamo cercato di introdurre. Lo ammetto, non è stato semplice e gli scetticismi si sono fatti sentire, però siamo soddisfatti del risultato. Si sono eliminate le vecchie categorie, che non vogliono dire nulla. Ti faccio un esempio. Mi dici cosa significa uno sci allmountain 30 per cento pista e 70 per cento fuoripista? Assolutamente niente! Quando entri in un negozio la domanda che ti viene posta è semplice: “lei come scia?” In base alla risposta il negoziante proporrà una determinata gamma di attrezzi. Ecco perché abbiamo insistito nell’introdurre i livelli. Lo scopo dei test deve essere proprio quello. Individuare il modello idoneo in base al livello di ognuno perché non esiste lo sci migliore in assoluto, esiste quello più adatto a ciascuno».
«Trovarci tutti assieme, aziende del Pool e riviste, per una settimana a Pampeago ha anche contribuito a farci conoscere meglio, a creare un clima positivo, di collaborazione. Pensavi che ciò potesse accadere?
«Lo speravo e di questo mi prendo i meriti. Ci ho sempre messo la faccia e ha sempre ascoltato tutti, prendendo poi le decisioni che ritenevo migliori nell’interesse collettivo. Serve competenza, carisma, esperienza, passione e tanto impegno e sono contento del clima che si è instaurato in questi anni».
C’è qualcosa che avresti voluto fare ma non hai avuto tempo?
«Qualche altra idea ce l’avevamo. Ci sarebbe piaciuto organizzare, e probabilmente si farà, un tavolo di lavoro sullo sci giovanile. Parlo dai Children in giù. Adesso c’è molta esasperazione e a ogni step di categoria una parte di ragazzi abbandona per vari motivi; e non è detto che siano sempre i migliori ad andare avanti. Servirebbe un confronto con Fisi, analizzare se le gare e il lavoro degli sci club sia funzionale allo sviluppo del mondo dello sci, magari organizzando competizioni diverse, rendendole più un divertimento. Sia chiaro. Non dico di avere la soluzione in tasca e che come si sta facendo adesso sia sbagliato, però bisognerebbe almeno porsi il problema. Sedersi attorno a un tavolo e discuterne. Poi magari ci si rende conto che non esistono alternative, ma almeno possiamo dire di averci provato».
Un’ultima domanda. Ci vedremo ai test di Pampeago?
«Certamente, non ne ho mai saltato uno, fin dalla prima edizione. Devi sapere che uno dei primi incarichi in Head era quello di fare l’omino tenda alle riviste. Motivo per cui agli ski test ci sono affezionato e ci verrò sempre. La prima volta fu con Sciare, nel 1992, ad Alleghe. Come si dice, “al cuor non si comanda” e poi non potrei mai mancare da Pampeago e dagli amici Piero, Valerio, Ilaria e Mirko».
Luca Laudati