Confusione in technicolor. E lo sci resta al palo!
Un giorno giallo, tre arancioni, due rossi e poi spunta una zona bianca che tanto non raggiungerà nessuno. Conte e i suoi ministri sono ormai in tilt, nella confusione più totale e durante le vacanze di Natale hanno gettato nel caos l’intero Paese. Una certezza, però, ce l’hanno. Lo sci va fermato. E così hanno fatto, posticipando l’eventuale riapertura al 15 di febbraio (ma tanto il 16 non si parte, state sereni).
Giulio Andreotti, che di politica se ne intendeva, soleva dire che “a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca…”. Parole sagge, che calzano a pennello con l’attuale situazione, con un’aggravante. E qui concedetemi una citazione decisamente meno famosa: “Non sono cattivi ragazzi, semplicemente non sanno cosa dicono e cosa fanno”. La citazione non è di un qualche statista, è della mia cara nonna…
Ecco, in queste due affermazioni trovo che si possa riassumere l’essenza del rapporto tra il governo e il mondo della montagna. Un rapporto mai nato, che vede i due “contendenti” distanti anni luce. C’è questa maledetta pandemia, è ovvio, ma c’è anche una sorta di avversione e non conoscenza verso il sistema neve, che Conte e i suoi ministri non hanno mai mancato di puntualizzare, etichettandolo come “superfluo”, niente più di un gruppo di viziati che non si rende conto della situazione. Peccato che questi “viziati” muovano un fatturato di svariati miliardi e diano da mangiare a centinaia di migliaia di persone. E non meritano un simile trattamento.
Ma evidentemente ciò non basta per essere presi in considerazione, per sprecare una mezza giornata e trovarsi attorno a un tavolo e discutere, capire almeno di cosa stiamo parlando. Niente. Altrimenti non si spiegherebbe perché l’ennesimo Dpcm sposti la decisione sullo sci al 15 di febbraio senza neanche ascoltare il parere del Cts.
Il governo ha deciso di alzare un muro, mostrando un’assoluta non conoscenza della questione e anche una buona dose di supponenza nei confronti di una categoria enorme. Parlo di albergatori, gestori di ristoranti, bar e rifugi, maestri di sci, negozianti e noleggiatori e chi più ne ha più ne metta, che sono considerati alla stregua di fantasmi, entità inesistenti e cui non prestare la benché minima attenzione.
Con queste premesse, dato ormai per scontata la perdita dell’intera stagione, anche per il capitolo ristori non c’è da stare allegri. Soldi che diventano vitali per salvare un settore che rappresenta la colonna portante di più di una regione. Si sentono voci, dichiarazioni sui giornali, ma in concreto ancora nulla. Bisogna però fare in fretta, servono fondi subito e congrui. In pochi giorni, altrimenti la montagna morirà. E non lo farà certo in silenzio.
Luca Laudati