Chi gli spiega (a Conte) che non è solo un capriccio da ricchi?
Da qualche giorno è partita la crociata contro lo sci da parte del premier Conte e del suo Governo. Pur di bloccare il “sistema neve” si è addirittura rivolto all’Europa per fare fronte comune a favore di una chiusura unitaria degli impianti. La richiesta, era facile immaginare, è stata rispedita al mittente.
Ursula Von der Leyen si è infatti sfilata dalla querelle, affermando, come era logico, che la “materia sci” è di competenza dei singoli Stati e non della Commissione Europea e spetta a loro decidere; l’Austria non l’ha presa benissimo e in sostanza ha detto all’Italia, per voce del ministro alle Finanze Gernot Bluemel e della ministra per il Turismo Elisabeth Koestinger, che loro a dicembre apriranno regolarmente e in sicurezza e che, se gli venisse imposto dall’alto di tenere chiuso, l’Unione Europea dovrà mettere mano al portafoglio. E sono tanti soldi, aggiungiamo noi. La Svizzera, poi, non ha in pratica mai chiuso e non lo farà certo adesso, che arriva il clou della stagione. Infine, c’è la Francia. Macron qualche giorno fa ha detto che consentire lo sci durante le vacanze di Natale è per adesso prematuro, ma si riserva comunque di parlare con gli addetti ai lavori (lui lo fa) e di prendere una decisione nei prossimi giorni.
Insomma, l’iniziativa italiana di bloccare lo sci a livello europeo non sembra aver riscosso grande successo, e allora il premier cosa si è inventato? Ci vuole chiudere dentro, sbarrare le frontiere contro il male assoluto: lo sci per l’appunto.
Tutto questo senza che ci sia stato ancora un reale confronto con le parti interessate. E allora ci chiediamo: non sarebbe stato meglio sedersi attorno a un tavolo e discutere del protocollo che la Conferenza delle Regioni ha preparato e cercare di arrivare a una soluzione condivisa? L’Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), gli impiantisti, gli albergatori, le aziende, i negozianti, i noleggiatori e tutta la gente che di montagna vive, non sono degli irresponsabili. Sono tutti preoccupati da cosa succederà il prossimo mese. Chiedono un confronto, chiedono di essere ascoltati e di poter dare il loro contributo. Finora, però, non è accaduto nulla di tutto ciò. E la preoccupazione che il “sistema montagna” possa collassare cresce sempre più, un sistema, lo ricordiamo, che dà da vivere a circa 120.000 persone e che fattura attorno ai 12 miliardi.
Il tempo stringe, è vero, ma si può ancora invertire la rotta. Bisogna iniziare a parlare, tutti assieme e cercare una linea condivisa, che possa salvare un intero comparto senza mettere a repentaglio la salute di nessuno. Le soluzioni si possono trovare. I protocolli ci sono già, basta leggerli per capire che, almeno, meritano di essere discussi. Perché, anche se è superfluo dirlo, lo sci si fa all’aria aperta e allora almeno risparmiateci il paragone con le discoteche: purtroppo è stato scritto anche questo!
Luca Laudati