Tutto (quasi) perfetto
La stagione di Marcel Hirscher è senza dubbio da incorniciare. Rientrato a novembre dopo il serio infortunio alla caviglia, ha sbaragliato gli avversari avviandosi a conquistare la settima Coppa del mondo consecutiva. In mezzo, i 2 ori olimpici che gli mancavano (in combinata e in gigante). Peccato solo per l’uscita in slalom, gara nella quale era il grande favorito di Andrea Cappelletti
A chi gli chiedeva se aveva pressioni per vincere (finalmente) l’oro olimpico, rispondeva che in ogni caso non gli avrebbe cambiato la vita. In effetti Marcel Hirscher è una star, lo sciatore più decorato della storia. In Austria è una leggenda vivente. Dominatore delle discipline tecniche con una costanza impressionante, vincitore di 6 (tra poco 7) Coppe del mondo consecutive, pluricampione mondiale.
Recordman di vittorie e podi, capace di vincere anche in superG e in combinata, il furetto di Annaberg, come lo ha soprannominato la stampa italiana, è al vertice da quasi 10 anni. E anche l’ultimo tabù è stato sfatato, per due volte. Oro olimpico in Corea, prima in combinata, poi in gigante. Poteva essere en-plein, dato che anche in slalom partiva favorito. Ma ha dimostrato di essere, anche lui, umano. Dopo 21 gare consecutive tra i pali stretti (con 10 vittorie e altri 7 podi), ecco il patatrac proprio alle Olimpiadi.
E dato che ormai fa più notizia una sua sconfitta che una vittoria, cominciamo proprio dalle sue parole dopo quella gara.
«Per tutta la settimana in slalom andavo proprio male e questo è il risultato, come spesso succede con tali premesse. Pensavamo di aver trovato delle modifiche giuste, ma alla fine mi sono reso conto che non avevo chances. Può succedere, in dieci anni, di non essere per una volta in grado di fare una prestazione al top. Il mio modo di sciare sfrutta molto la forza e pressioni forti e corte, mentre in questo slalom ci sono davanti quelli che sciano con più sensibilità. E quello non è certo il mio forte. Mi dispiace perché lo slalom è la mia disciplina migliore».
Il bilancio stagionale, però, non può che essere positivo…
«Fino a novembre, al rientro dall’infortunio alla caviglia, non sapevo proprio cosa aspettarmi. Mi chiedevo se sarei mai riuscito a sciare come prima, essere veloce, ottenere quello che avevo fatto prima. I media e la gente mi credono super man. Dicevano, se ci voglio 6 settimane per il recupero, Marcel sarà pronto in 5. Ma è un’assurdità. In ogni caso le cose sono andate bene. Ai Giochi Olimpici nel 2014 ero favorito nelle discipline tecniche. Sono tornato con un argento, ed era okay. Questa volta Il mio bilancio è assolutamente positivo. I Giochi hanno portato tutto quello che avevamo sperato. Due ori: avrei firmato subito».
Tuo padre Ferdinand è sempre stato al tuo fianco, fin da quando eri bambino. Parlaci del suo ruolo nel team.
«Da ragazzi si passa ogni anno o due di categoria, dallo Sci Club, al Comitato, alla squadra junior, eccetera. E spesso a ogni passaggio si cambia allenatore, e con ogni nuovo allenatore ci vuole un periodo di adattamento. Si deve imparare a conoscersi, prima di poter lavorare sui progressi. Con mio padre ho guadagnato molto tempo e qualità nel mio percorso, perché non ho dovuto cambiare sempre allenatore; ci conosciamo letteralmente da sempre. Ferdinand ha un ruolo molto importante nel mio team».
È vero che testava in prima persona alcuni materiali per te?
«Sì, è vero. E’ un ottimo testatore. Ci sono talmente tante varianti e materiali da provare, che il suo aiuto è stato davvero prezioso».
Pare che la scelta dei materiali sia per te una priorità. In allenamento e in gara i tuoi tecnici portano in partenza diverse paia di sci, a volte una decina. E’ vero?
«Sì. I materiali sono molto importanti. Quindi è giusto non lasciare niente al caso».
Che effetto ti fa essere un personaggio pubblico, in particolare in Austria, dove sei una vera celebrità?
«Qualche anno fa mi facevo condizionare, evitavo di frequentare i luoghi affollati, i ristoranti. A dire la verità odio i telefonini, oggi tutti ne hanno uno con cui fotografare, fare selfie. Non è semplice essere a cena con degli amici e dover fare un selfie ogni minuto con dei fan. Comunque, con il passare del tempo ho deciso di non farmi più condizionare, e da qualche anno frequento i luoghi pubblici senza problemi. Il contatto con la gente fa parte della mia vita, non ho più remore ad accettarlo».
Non tutti sanno che sei un amante degli animali…
«Con la mia fidanzata (la modella Laura Moisl), abbiamo due cani, che fanno veramente parte della famiglia. Oltre a Timon, un Cocker spaniel, che chiamo il mio “mental guru”, da agosto abbiamo un secondo cane, un cucciolo di Terranova, di nome Pumba (riferendosi alla coppia protagonista del Re Leone). Come ogni proprietario di cani, so bene che dopo un po’ il divano non è più mio, la macchina è sempre un disastro. Ma fa parte del gioco e non ti dispiace».
Cosa ci dici delle renne vinte alle gare di Levi nel 2013 e 2016?
«Quest’anno sono andato alla fattoria vicino a Levi a trovarle. È stato simpatico, prima del mio debutto stagionale. La prima si chiama Ferdl, come mio papà, la seconda Leo, in onore a mio fratello più piccolo, Leon».
A proposito di famiglia, sua madre (Sylvia Hirscher- De Vlieg) è olandese. Cosa pensi di quel Paese?
«Io mi sento austriaco, ma sono contento di essere per metà olandese. E’ un posto che mi piace, le persone hanno una mentalità aperta, sono di buon umore, positive. In Austria un po’ meno. Le montagne non fanno sempre bene. Parlo un po’ di olandese, anche nelle interviste, ma non perfettamente».
Qualcosa di Marcel
Marcel Hirscher è nato ad Annaberg-Lungötz il 2 marzo 1989. Già vincente da piccolissimo, il suo debutto in Coppa del mondo risale alle Finali del 2007, a cui approdò grazie alla vittoria dei Campionati mondiali juniores. In Coppa vinse la sua prima gara il 12 dicembre 2010, lo slalom di Val d’Isere. In quell’occasione, emozionatissimo, si lasciò scappare un “fuck” nell’intervista ufficiale Fis in filodiffusione e in diretta televisiva.
“Marcel non ha mai fatto spazzaneve, ha iniziato subito con gli sci paralleli”. Parola di Ferdinand Hirscher, maestro e allenatore, Direttore di scuola, Guida alpina. Marcel ha messo i primi sci a 2 anni, ci sono diversi filmati in cui lo si lo vede scendere con il ciuccio in bocca.
La famiglia Hirscher gestiva e ha abitato in un rifugio a 1.467 metri di quota, lo Stuhlalm, circa un’ora di cammino da Annaberg, nel salisburghese. All’inizio erano senza acqua calda. Marcel scendeva in paese in bicicletta in 45 minuti, e ne impiegava 90 al ritorno.
Da sempre ha goduto di un gruppo di lavoro dedicato all’interno della squadra austriaca, un vero team personale, che conta anche su un addetto stampa solo per lui. Si allena saltuariamente insieme con gli altri atleti austriaci. Atomic gli mette a disposizione due skiman.
Nel dicembre del 2015 la sua notorietà balzò alle stelle, non solo tra appassionati di sport. Fu infatti protagonista, suo malgrado, di un incidente sfiorato con un drone, che cadde dal cielo pochi metri dietro di lui, durante la gara di Madonna di Campiglio. Pochi giorni prima, in Alta Badia, gli vennero rubati in area di arrivo degli sci da gara, ritrovati poi abbandonati qualche settimana più tardi.
Marcel ha grande passione per il motocross, che pratica da diversi anni. Di questa disciplina gli piacciono la velocità, il gestire un motore, le acrobazie, e anche il fango e lo sporco. Ama anche il rafting e altri sport d’azione. Tempo fa si era “fissato” con la slack line, esercizio molto utilizzato dagli sciatori, ma ne è arrivato a saturazione.