Bimbi in pista
Una volta regnava la ferrea disciplina dello sport. Ora si cerca di avvicinare i bambini allo sci attraverso il gioco, aiutandoli a trovare, prima di tutto, il divertimento. Lo zaino ideale per fronteggiare una giornata sulle piste
Maila Costa
La bambina fissa l’acqua della piscina dal blocco di partenza. L’istruttore urla: “in acqua”. La bambina non si muove, trema e guarda l’acqua. L’istruttore urla di nuovo: “in acqua”. La bambina non si muove. Si sente afferrare per un braccio e lanciare verso la vasca. Credo di aver bevuto l’intera piscina e non ho più voluto fare un corso di nuoto per anni.
Settimana bianca. Nevica, fa freddo. Campetto della scuola sci. Bagnata, manine e piedini gelati, faccio scaletta con gli altri bambini. Qualcuno piagnucola, qualcuno cade e non vuole rialzarsi. Poi la discesa. Sci uniti, incollati. L’istruttore continua a ripetere granitico: “apri, piega, punta, stendi” . “Non ti sedere, non derapare, unisci quegli sci!” “Peso a valle”.
Io riesco solo a pensare che tra poco sarò davanti a una cioccolata calda. Questo era il modo di insegnare ai bambini negli anni ‘70. La finalità da raggiungere era che noi imparassimo la pratica dello sport. Non era il nostro armonioso sviluppo e tantomeno il divertimento. Dovevamo imparare a nuotare, sciare, giocare a calcio e a pallacanestro come piccoli adulti. Il divertimento non era compreso nel pacchetto. Era opzionale. Non c’erano bambini con un diverso livello di sviluppo. C’erano quelli “portati” e quelli no. Insomma, peggio per gli imbranati.
Ora le cose sono enormemente cambiate. L’attenzione per i bambini è estrema in tutti i campi e l’insegnamento passa attraverso il divertimento e, soprattutto, attraverso il rispetto e l’attenzione per la specificità del singolo.
Maestri e maestre giovani e sorridenti attendono i piccoli davanti alla scuola sci, li abbracciano per rassicurarli, li chiamano per nome, li aiutano a separasi dai genitori, se li tengono accanto sulla seggiovia e chiacchierano con loro per farli sentire subito a loro agio. Insomma, fanno di tutto per trasformare la lezione di sci in una piacevole avventura. Niente più scalette spacca gambe per i piccoli, comodi tapis roulant li portano in cima ai campetti regalando intera l’emozione della discesa. Ciuffetti colorati, animaletti morbidi, personaggi dei cartoni animati, finti tronchi di gommapiuma sono i primi pali che i piccoli eroi, vestiti di tutto punto, al calduccio nei loro materiali iper tecnici, si preparano ad affrontare. Tunnel e archetti disegnano attraenti percorsi. E poi tappeti colorati per imparare le posizioni degli sci (le nostre scalette e le lische di pesce), cerchi e palle come in una palestra.
Persino il vecchio spazzaneve è diventato una fetta di torta o – meglio ancora – di pizza. Tutto purché sorridano, si divertano, acquistino fiducia in se stessi e amino lo sport.
Lo sport non è più il fine. È diventato il mezzo. Il mezzo per crescere come individuo e per imparare a confrontarsi con il gruppo dei pari.
La Federazione italiana sport invernali ha riconosciuto l’importanza («i bambini rappresentano il 70/80 per cento di chi frequenta un corso», spiega Beppe Cuc, presidente dei maestri della Valle d’Aosta) e la specificità dell’insegnamento dello sport ai bambini e ha individuato la necessità di codificarne le regole che negli anni si sono affermate su basi essenzialmente empiriche. È così che è stato creato un manuale specifico per l’insegnamento dello sci ai bambini, intitolato Sci per i bambini, che approfondisce le dinamiche didattiche e pedagogiche già affrontate nel manuale per la formazione dei Maestri di sci.
Un manuale ricco di spunti operativi utile a programmare, rinnovare e rendere sempre più stimolante la lezione con i giovani allievi.
Sci per i bambini costituisce la presa d’atto della federazione che la competenza tecnica da sola non basta al moderno maestro di sci. Scopo del manuale è quello di fornire una serie di modalità pratiche e di consigli su come aiutare i piccoli sciatori a superare le difficoltà e a trovare una motivazione sufficiente per imparare a sciare. Proprio questo è il secondo cardine del progetto: come aiutare il bambino a trovare la motivazione, riconosciuta come fattore chiave dell’apprendimento, che deve passare necessariamente attraverso il gioco. È così che quasi senza accorgersi il piccolo atleta, guidato dal suo maestro, imparerà giocando a scivolare, frenare, curvare, ad apprendere i “fondamentali” che lo avvicineranno gradualmente e senza pressioni alla sciata.
Guardo i piccoli riuniti come un grande gregge colorato davanti alla scuola sci. Attendono i loro maestri. Si spingono, cadono, si rialzano. Ma soprattutto ridono: questo è l’importante, il primo passo per superare le ansie e le paure che tutti abbiamo provato lasciando i genitori e affrontando per la prima volta uno sport nuovo.
10 consigli per le prime sciate
Abbiamo fatto dieci domande a Stefano Gabrielli, responsabile del settore agonismo 6-12 anni della Scuola di Sci di Alta Val di Fiemme.
A che età è giusto portare i figli per la prima volta alla scuola di sci?
Molti genitori tendono già a portarli in pista verso i tre anni e mezzo. Molti bambini a quell’età possono avere ancora qualche difficoltà motoria. È il bambino che ti fa capire se è il momento giusto per cominciare. Si prova un semplice approccio sulla neve: se il bambino reagisce bene, allora facciamo lezione, altrimenti giochiamo e teniamo gli sci solo per dieci minuti. Dai cinque anni in su, in genere, non ci sono mai problemi.
Come si svolge una lezione?
I bambini di tre o quattro anni hanno bisogno di una lezione individuale perché non riescono a gestirsi da soli. Poi possono frequentare le lezioni di gruppo. Andrebbe fatto un avvicinamento allo sci graduale all’inizio ma spesso le mamme vogliono vedere i figli che scendono subito.
Mamma e papà devono stare in zona a stretto giro di pianto?
Quando i genitori acquistano l’ora chiediamo il numero di cellulare perché siano sempre rintracciabili ma devono stare lontani perché il bambino altrimenti si distrae. In genere, stanno nei dintorni a scattare fotografie.
Meglio un maestro o una maestra per la prima lezione?
Meglio il maestro giusto. I genitori chiedono sempre la maestra, pensando che la figura materna sia più funzionale, come all’asilo. Non è necessariamente così.
Qual è il problema principale nell’insegnamento ai bambini?
Bisogna entrare sulla stessa lunghezza d’onda, bisogna dialogare con loro perché comincino a fidarsi. Io guardo i cartoni animati in TV per farmi una cultura e avere qualcosa da condividere. E bisogna usare il loro linguaggio semplice. Capiscono alto e basso ma spesso fanno fatica con destra e sinistra.
Qual è il primo obiettivo quando si insegna ai piccolissimi?
Sono contento quando vanno via contenti e quando tornano contenti l’anno seguente.
Esistono scuole specializzate per i bambini?
Qui in Trentino le scuole più adatte a gestire i bambini sono certificate con un bollo ‘gold’. Queste devono avere un numero minimo di maestri con l’adeguata specializzazione e una struttura che possa tenerli prima e dopo la lezione, mensa, aree indoor e giochi compresi.
Esistono posti migliori di altri per imparare?
Vanno bene tutti, purché con le giuste pendenze e i giusti servizi.
A che età si comincia a partecipare alle prime gare?
Le garette promozionali organizzate dagli impianti comprendono anche i bambini di 5 anni. Il circuito baby e cuccioli – quello più serio e istituzionale – comincia con elementari.
È diverso insegnare a bambini “montanari” che giocano sulla neve tutti i giorni rispetto ai bambini di città che sciano una volta l’anno?
Quello che fa la differenza non è tanto la frequenza con cui i bambini sciano ma l’abitudine a muoversi. In genere, i bambini che vivono in montagna sono più pronti e brillanti da un punto di vista motorio dei bambini di città perché giocano sempre all’aperto e non si consumano i pollici su una consolle tutto il giorno.
Lo zaino perfetto
Serve un’organizzazione quasi scientifica per poter affrontare al meglio la giornata sugli sci assieme agli adorati pargoli. Anni di prove sul campo per risolvere crisi di freddo e di fame. E per vincere la noia dei tempi morti
Papà in città, al lavoro. Mamma di turno in montagna con i cuccioli. Vacanze di Carnevale. Scene di ordinaria follia. Ambientazione: casa. Personaggi principali: la mamma e i suoi due adorati cuccioli.
Ore 7,30 della mattina. Colazione fatta. Mamma già vestita da sci da tempo immemorabile, ormai grondante di sudore, pargoli non collaborativi. “Martina dove hai messo i tuoi guanti? E i sottoguanti? Mattia hai visto i sottoguanti di tua sorella? Mattia, parlo con te! I cappellini, chi ha visto i cappellini? Ragazzi, caschi in testa, guanti e racchette. Daiiii, facciamo tardi!”
Finalmente tutti pronti. Raggiunta la macchina comincia la conta delle cose dimenticate. I fratelli, lanciati in un tafferuglio da manuale si accusano reciprocamente di aver lasciato i pezzi mancanti, mamma, a rischio broncopolmonite (il sudore si è ormai ghiacciato addosso), si scaraventa in casa per recuperare le seconde calze e l’agognata play station.
Sono ormai le 8, la poveretta dovrà ancora affrontare il tragitto per le piste, trovare parcheggio (i più vicini agli impianti alle 8.30 saranno già pieni), caricarsi sulle spalle almeno due paia di sci (sperando che il più grandicello si porti i suoi) e trascinare gli indomiti, più riluttanti che mai, al punto di ritrovo della scuola sci, dove potrà finalmente accasciarsi in attesa del maestro che preleverà i due.
E’ esattamente in quel momento, con un bel -10 di temperatura esterna, che scoprirà di aver irrimediabilmente dimenticato a casa trenta a far trentuno (lessico famigliare). Così, dopo aver affrontato scenate a raffica, pianti per il freddo, manine gelate e piedini intirizziti (e padre irriducibile nel completare la giornata di sci), ho messo a punto lo zaino perfetto.
Una specie di borsa di Mary Poppins in formato ridotto che consente di far fronte a tutte le emergenze. Innanzitutto, lo zaino perfetto deve assolutamente essere preparato la sera prima. E la preparazione non ammette distrazioni, con il contenuto che va modificato a seconda delle stagioni.
Per i bambini delle elementari (alle medie meglio imbottire le tasche delle loro giacche a vento) direi che il contenuto dello zaino potrebbe essere il seguente: cappellino, occhiali da sole, sottocasco, sottogola, sottoguanti, calze di ricambio, guanti di ricambio, crema per le labbra o da viso protettiva, scaldini per mani e piedi (sono sacchettini miracolosi che, una volta aperti, emanano calore per l’intera giornata, tenendo piedini e manine al tiepido), cioccolato, bustine o caramelle di zucchero (i miei di frutta secca non volevano saperne), fazzoletti di carta e sacchetto di plastica per le cose bagnate.
Se poi si vuole rimanere sui campi da sci l’intera giornata, magari anche all’interno del rifugio, attendendo il ritorno di tutti i componenti della famiglia, suggerisco di aggiungere giochi portatili (tipo shangai o carte, macchinine, palette per le costruzioni sulla neve e giochi elettronici).
Vi sembra troppo? Purtroppo è quasi tutto necessario per il benessere dei bambini o per quello psichico della mamma. Per fortuna i volumi dei singoli oggetti sono ormai molto ridotti al punto che, con un po’ di pratica, già qualche anno fa ero riuscita a organizzarmi con le tasche della giacca a vento (la mia Napapjri aveva un grosso tascone a marsupio). E’ vero, assomigliavo a un canguro, come dicevamo i miei figli, però questo mi consentiva di non sfilare lo zaino per salire in seggiovia. Poi i bambini crescono, magari vanno allo sci club e, come i miei, preparano i loro enormi zaini da allenamento da soli. Sono organizzatissimi. In un tragitto di funivia riescono a vestirsi e spogliarsi di tutto punto, dagli scarponi al casco. E dopo averli trascinati per anni ti senti urlare: “Mamma ti muovi?”