Sulle 3 Cime alla scoperta di PrimaLoft
L’abbiamo messa a nudo, l’abbiamo accarezzata, abbiamo goduto della sua incredibile leggerezza e morbidezza, abbiamo percepito il suo neutro profumo e il suo colore candido come la neve, abbiamo dormito con lei, protetti dal suo calore mai oppressivo, abbiamo attivato tutti i sensi senza trovarle un solo difetto. Abbiamo apprezzato il suo spirito ecologico, le sue grandi battaglie in nome di un pianeta un po’ meno inquinato, la sua predilezione per il riciclo, la salvaguardia del mondo animale. Perché lei è fatta così, dura e pura al tempo stesso.
Poi l’abbiamo portata con noi, fedele compagna, di tre giornate straordinarie, all’insegna dello sport e della natura, in quel paradiso che sono le 3 Cime, patria di Sinner e dei grandi sport invernali e lei non ci ha mai deluso, sopportando egregiamente ogni difficoltà.
L’abbiamo maltrattata, immersa nell’acqua e nel fango, nella polvere e sotto il sole, nell’umidità e nel sudore. Con lei abbiamo guadato fiumi, attraversato boschi e prati bagnati dalla rugiada del mattino, salito rocce infilandoci in strette e umide gallerie per poi sbucare oltre le nuvole. L’abbiamo stretta, schiacciata, tirata e strofinata
Hiking, corsa, ferrate, alpinismo, discese ardite in mountain bike. Non ci siamo negati nulla. Lei, nemmeno una piega, ha sopportato ogni nostro capriccio proteggendoci e tornando in pochi minuti fresca come prima. Leggera come una piuma.
Non siamo cattivi e nemmeno irriconoscenti, solo dei testatori malati di sport e di montagna che grazie a Leonardo Loro, Sales leader Europa di PrimaLoft, hanno potuto fare un viaggio nel cuore pulsante di quei capi tecnici che da decenni hanno cambiato la nostra vita all’aria aperta, dalle strade di città alla cima degli 8000, così come hanno cambiato il nostro riposare nel più confortevole dei modi.
Benvenuti nell’ultra tecnologico mondo delle microfibre, delle membrane isolanti, delle imbottiture calde quanto soffici e idrorepellenti, laddove lo sguardo e il tatto di noi consumatori normalmente non può andare.
40 anni di alta tecnologia
Ma prima un passo indietro. Siamo nel 1983, per affrontare situazioni estreme spopola, all’interno dei capi d’abbigliamento, la piuma d’anatra e di oca affiancata dai primi prodotti sintetici piuttosto grossolani che tanti di noi ricordano senza grande nostalgia, all’interno delle giacche da sci. Sulla pelle è ancora la lana, declinata in mille varianti, a farla da padrona, tanto bella e romantica quanto fastidiosa se indossata per fare sport.
Anche l’esercito degli Stati Uniti utilizza imbottiture di piume per le giacche dei propri Marines certamente calde nelle situazioni statiche ma ben poco adatte a dissipare il vapore corporeo e l’umidità ambientale quando è richiesto un movimento.
Per dirla in maniera semplice, attingendo all’esperienza di chi ha qualche capello grigio, quando la piuma si bagna a causa del sudore o per acqua esterna, sono guai. La scarsa idrorepellenza rende lunga e laboriosa la sua completa asciugatura. Da qui la richiesta del laboratorio di ricerca dell’esercito al gruppo Albany International, ex casa madre di PrimaLoft, affinché sviluppasse una valida alternativa sintetica capace di unire calore delle piume alla resistenza all’acqua.
Dopo un anno di ricerca dalla tecnologia delle microfibre, nasce un filamento sintetico 7 volte più sottile di un capello umano che sarà incessantemente sviluppato da PrimaLoft e sarà destinato a rivoluzionare l’abbigliamento tecnico, dall’intimo fino allo strato superiore di giacche e pantaloni, ma anche quello delle calzature, di guanti, calze, cappelli, sacchi a pelo, piumini, cuscini.
In breve tempo PrimaLoft si impone sul mercato, scelta da centinaia di brand, per sostituire la piuma d’oca con auspicabile sollievo dei poveri animali dei quali spesso il consumatore ignora i patimenti.
La vocazione ecologica di PrimaLoft
Inizia così una veloce scalata che porta nel 1990 PrimaLoft e il suo sistema di indumenti a strati, in cima all’Everest per equipaggiare l’Earth Day 20 International Peace Climb, celebre spedizione guidata da Jim Whittaker, che ha visto impegnati alpinisti provenienti da Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina nella rimozione dei rifiuti sulla vetta himalayana, nella promozione di un messaggio di pace tra i popoli e nel richiamare l’attenzione dei potenti della Terra sulla necessaria collaborazione in tema di rispetto del Pianeta.
Oggi che PrimaLoft fornisce fibre isolanti ai più prestigiosi marchi della moda e dell’abbigliamento tecnico permettendo performance prima impossibili, quella decennale vocazione ambientalista si traduce in un percorso virtuoso del prodotto che coinvolge gli oltre 950 partner brand sparsi per tutto il Globo, nella continua ricerca di un equilibrio tra costi, processo produttivo e consumo che sia davvero sostenibile e al riparo da qualsiasi suggestione greenwashing.
La salvaguardia di oche e anatre è stato solo il primo step di un percorso virtuoso che attraverso vari livelli di severissime certificazioni da parte di organismi terzi ha coinvolto tutta la filiera, posizionando Primaloft come leader green del mercato delle imbottiture.
Oggi quel filamento tanto prezioso è ottenuto al 100% da riciclo di materiale plastico, in prevalenza bottiglie raccolte sulle coste oceaniche, regalo dei mari e della follia umana, con un processo certificato dal Global Recycle Standard (GRS), e è seguito in ogni suo movimento dal Transaction Certification (TC) che verifica la tracciabilità di ogni singolo prodotto anche quando proviene da Paesi che solo di recente si sono affacciati a concetti come tutela e salute della persona e del Pianeta.
Sostenibilità significa anche aderire a protocolli non ancora obbligatori come il PFAS Free, che certifica l’assenza di una famiglia di oltre 12000 sostanze chimiche fluorate purtroppo ancora molto utilizzate dall’industria tessile e sportiva di scarsa qualità per le loro qualità oleo e idrorepellenti, rivelatesi dannosissime per noi e per l’ambiente.
Non è ancora finita. La ricerca nel campo delle microfibre ha segnato un’ulteriore passo avanti con l’introduzione della tecnologia di produzione PURE che permette di ridurre le emissioni di CO2 fino al 70% aumentando notevolmente l’efficenza energetica di tutto il processo produttivo. Niente male.
Aria si, acqua no
Torniamo a noi. Un romantico chalet affacciato sulle piste di Croda Rossa è il luogo giusto per fare tutte le prove tecniche indoor del caso, sciogliere la famosa fibra dai vincoli dei tessuti che normalmente la riparano da occhi indiscreti e capire meglio di cosa stiamo parlando.
Perché si fa presto a dire microfibra ma la questione è molto più complessa. L’abbiamo detto, siamo qui per conoscere e testare le tante forme di PrimaLoft, con la semplice curiosità del consumatore finale, ci perdonerete dunque un gergo ben poco tecnico.
In realtà questa sostanza setosa parte da un filo talmente sottile che sarebbe impossibile percepire singolarmente, si parla di una fibra molto più fine e morbida del cashmere, che a seconda degli utilizzi finali, si presenta in circa 40 diversi prodotti isolanti che si possono raggruppare in quattro grandi famiglie: l’imbottitura in rotolo con un effetto gonfiante, l’imbottitura sfusa del tutto simile alla più impalpabile e morbida piuma, o come un vero e proprio tessuto che a sua volta può essere denso o a maglia. Così per puro esempio, se la fibra diventerà l’imbottitura di una giacca da sci si utilizzeranno fibre trattate in un certo modo, se diventeranno imbottiture per calzature o guanti, dove lo spazio interno è assai ridotto, il trattamento sarà diverso, se sarà la componente essenziale di un sacco a pelo che deve reggere notti al campo base dell’Everest la forma sarà ancora diversa.
Cambiano le forme e i trattamenti ma “l’anima” di PrimaLoft resta la stessa, così come le sue incredibili qualità di idrorepellenza, leggerezza, efficienza termica, comprimibilità, capacità di mantenere la stessa qualità e riprendere la stessa forma dopo ogni lavaggio.
Il grande segreto di questa fibra è la miscela primordiale più semplice e pura che la natura ci ha dato: l’aria.
Le fibre così sottili creano un grande numero di sacche d’aria che intrappolano il calore isolando corpo umano efficacemente e grazie a un trattamento speciale respingono altrettanto efficacemente l’acqua, sia umidità corporea che acqua esterna, conservando il calore anche in condizione di bagnato. Il vapore corporeo esce e il caldo resta, sembra l’uovo di Colombo e in effetti ogni nostra prova di immersione, trazione e compressione ha dato ottimi risultati ma la prova più gratificante è stato il semplice infilare le mani in un sacco pieno di imbottitura sfusa palpandola a piacere con una sensazione di sofficità, leggerezza e morbidezza quasi onirica, che ci riporta ai tempi dell’infanzia quando passeggiando per le campagne i genitori permettevano di accarezzare giovani pulcini o agnellini di prima lana.
Dobbiamo confessare che per testare al meglio le proprietà magiche della fibra PrimaLoft, prima di adagiarci sotto un caldo e soffice piumone e mettere la nostra testa su un morbido cuscino imbottito di microfibra abbiamo esagerato con i maltrattamenti, l’abbiamo messa in frigorifero e più tardi ce la siamo portata in sauna e bagno turco, per valutare il comportamento a temperature e umidità estreme. Prove superate con il massimo dei voti.
Prove tecniche nel paradiso di 3 Cime
A questo punto non restava che verificarne il confort, l’idrorepellenza e la resistenza termica sul campo. Forniti di giacca Karpos, partner di PrimaLoft nel settore active e di calzature Scarpa con imbottitura a prova di ogni condizione atmosferica siamo stati svegliati da una giornata perfetta per testarla tra boschi da favola e le 3 Cime di Lavaredo. Ad attenderci i volontari del servizio soccorso alpino, anche loro fruitori di tutto ciò che la tecnologia può dare nello svolgimento del loro difficile lavoro, le guide alpine di Sesto Pusteria e San Candido e via, zaino in spalla Gregory anch’esso da testare che ha dato grandissimi risultati di confort e resistenza, direzione la ferrata Innerkofler sul monte Paterno con vista diretta sulle Dolomiti di Sesto.
Fresco e umido mattutino, temperature in aumento con il salire del sole all’orizzonte, qualche guado fuori programma, tante sudate per lo sforzo, vento e poi nuovamente caldo, strette gallerie gocciolanti nella roccia che ci riportano alle imprese dei nostri nonni durante la Grande Guerra e panorami assolutamente magici.
Risultato dei nostri sforzi, premiati da un’ottima colazione al sacco con i prodotti tipici altoatesini, speck, pane di segale e deliziosi formaggi è stata la verifica di una termoregolazione assicurata, traspirabilità del corpo e del piede, morbidezza e leggerezza dei capi utilizzati. In definitiva massimo confort e meno stanchezza.
La prova più dura per il nostro materiale ci attendeva però al giorno successivo quando dopo una veloce e ripida salita sui sentieri e le trincee scavate a mano dagli alpini, ci siamo concessi il divertimento di un downhill davvero speciale in Mtb, tra sentieri nel bosco, torrenti da guadare e piste da sci non ancora innevate ma ben concimate. Tra qualche inevitabile caduta, molte risate e tanto, tanto fango ci siamo presentati in albergo con un aspetto che avrebbe fatto inorridire qualsiasi mamma. Niente paura mancava ancora l’ultimo test, quello più severo, buttare tutto in lavatrice, ciclo delicato, niente ammorbidente e attendere il miracolo. Risultato materiale come nuovo, fibre che non migrano tra le cuciture e tra i salsicciotti interni e asciugatura in tempo record.
Si torna in città con un po’ di magone ma con la consapevolezza di essere cresciuti come utilizzatori di capi tecnici. Ci si può affezionare a una microfibra? Certo è che da ora in poi presteremo più attenzione a quella sfilza di cartellini informativi che danno le specifiche di ogni capo quando lo acquistiamo.
Luca Steffenoni
Foto: wisthaler.com