Ecco il docufilm “La Valanga Azzurra”
La buona notizia è che lo sci non dimentica la propria storia e i prestigiosi atleti che l’hanno interpretata al meglio, quella cattiva è che senza che ce ne accorgessimo sono già passati cinquant’anni da quelle stagioni gloriose ed è tempo di anniversari e rievocazioni.
Ci pensa Giovanni Veronesi regista con un passato agonistico giovanile di tutto rispetto, coadiuvato dall’autore Lorenzo Fabiano e dall’autore e produttore Domenico Procacci, a riportare in vita l’epopea azzurra e quegli incredibili anni ‘70.
Momenti magici rivivono nel docufilm “La Valanga Azzurra”, dove il passato riemerge dagli archivi mescolandosi a un presente nel quale molti dei volti che ci hanno fatto trepidare sono tutt’altro che assenti dal mondo dello sport e della neve.
È unì’Italia giovane, ottimista, affamata di sci quella raccontata da Veronesi, un Paese che si affolla ai bordi delle piste e davanti al televisore per incitare la generazione di fenomeni che ha travolto ogni record possibile. Una vera valanga di successi e di emozioni regalate da personaggi che non sono stati unicamente dei campioni, ma giovani con un incredibile spessore umano e un memorabile amore per lo sport della neve.
Giovanni Veronesi ci ricorda che tutto è nato lassù, a Trafoi, un paesino incuneato tra Alto Adige e Lombardia, tra le vette dell’Ortles e le nevi dello Stelvio, da un ragazzo timido, di poche parole, destinato a diventare uno dei più grandi sciatori di tutti i tempi: Gustav Thöni, o come preferisce essere chiamato, Gustavo Thoeni.
«Il ragazzo si farà», avevano sentenziato papà Georg, maestro di sci tra Solda e Stelvio e il bormino Oreste Peccedi, che ne diventerà presto l’allenatore in azzurro. E il ragazzo si fa, alla sua maniera, come solo i grandi sanno fare, costruendo curva dopo curva quella sua inconfondibile sciata, quel “passo spinta” che sfrutta l’ingresso in curva per accelerare e guadagnare centesimi preziosi sugli avversari.
Attorno ai suoi primi successi, clamoroso il debutto ai Giochi olimpici invernali di Sapporo 1972 con una medaglia d’oro nello slalom gigante e quella d’argento in slalom speciale, si coagula un gruppo di atleti straordinari, una vera squadra che saprà porre l’appartenenza al gruppo al di sopra delle sfide che uno sport individuale come lo sci, richiede a ciascuno di loro.
Il resto è storia, una meravigliosa storia di sport che celebra la sua data di nascita il 7 gennaio 1974 in un lembo di terra di Baviera che si incunea nel Salisburghese, a Berchtesgaden, lassù “Dove osano le aquile”, come recita il titolo involontariamente profetico del celebre film girato alle pendici del rifugio panoramico Kehlsteinhaus. Slalom gigante di Coppa del mondo e cinque italiani ai primi posti per una delle imprese più clamorose dello sport azzurro.
Piero Gros a precedere Gustavo Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna, che chiude la sfilata tricolore sotto gli occhi lucidi del direttore tecnico Mario Cotelli e dell’allenatore degli slalomisti Oreste Peccedi.
Il mondo dello sci internazionale è in subbuglio scoprendo la forza e la potenza di quella che da quel giorno sarà nominata la Valanga azzurra, sente rimbombare in tutto l’arco alpino l’eco dei nomi che avranno l’onore di farne parte assieme a Gustavo: Piero Gros, Fausto Radici, Paolo De Chiesa, Helmuth Schmalzl, Rolando Thoeni, Tino Pietrogiovanna, Erwin Sticker, Herbert Plank, Stefano Anzi, Ilario Pegorari, Franco Bieler, Giuliano Besson.
Di campioni e campionesse l’Italia ne aveva prodotti già parecchi, da Zeno Colò a Celina Seghi, da Carlo Senoner a Giustina Demetz, ma una concentrazione di tale portata in un periodo tanto prolungato, non si era mai vista e forse non si vedrà mai più.
Qualcuno dei grandi della Valanga ci ha lasciato prematuramente, altri calcano ancora le piste da sci e gli studi televisivi e volentieri hanno partecipato alla realizzazione di questo docufilm, con Gustavo, Piero e Paolo in ottima forma che ci deliziano attraverso il racconto di una cavalcata che, come la giovinezza, sembrava non dovesse finire mai.
A coronare quel magico 1974 i Mondiali di Sankt Moritz con il doppio oro di Gustavo nei due slalom e il bronzo di Piero in gigante.
Per cinque stagioni consecutive la sfera di cristallo fu sollevata al cielo da un azzurro: quattro volte Thoeni, una Gros e un medagliere olimpico che si arricchisce a Innsbruck 76, in casa degli avversari austriaci, con l’oro di Piero Gros in speciale, l’argento di Gustavo in gigante, il bronzo di Herbert Plank in discesa e un altro importante argento in speciale, quello proveniente dalla Valanga Rosa capitanata da Claudia Giordani, che si va affiancando con successo alla squadra maschile.
Ogni episodio di questa storia è un thriller, una sfida, un duello con avversari prestigiosi, Hans Hinterseer, Bernard Russi, Heini Hemmi, Kaiser Franz Klammer, autore di una sfida leggendaria al centesimo di secondo sulla temibile Streif di Kitzbuhel, dove Thoeni incide un’altra pagina della sua leggenda, ma soprattutto lui, il ricciolino dagli occhi di ghiaccio, lo slalomista più vincente di tutti i tempi, Sua Maestà Ingemar Stenmark
Non poteva che essere lui l’autore, assieme a Thoeni, della sfida del secolo, l’Italia-Germania 4-3 dello sci azzurro, l’Ok Corral dello slalom parallelo del Ronc a Ortisei, dove alle 12.30 del 23 marzo i due scrivono il leggendario finale della Coppa del mondo 1975 davanti a 40.000 persone assiepate ai bordi della pista e arrampicate fin sulla cima dei larici.
Oggi Ingo è un atletico signore, che non ha mai smesso di fare sport, che torna spesso in Italia e che con gli anni, così come l’amico-nemico Gustavo, si è assuefatto alle telecamere e come un attore consumato sa ben trasmettere a tutti noi, attraverso le immagini del film prodotto da Fandango un po’ del pathos e dell’adrenalina che hanno contraddistinto quella la sfida infinita.
Come in tutte le belle favole anche sulla Valanga azzurra nel finire del decennio sono destinati a scorrere i titoli di coda. È un finale tragico quello che ci priva dell’enorme talento del giovane Leonardo David, più che una promessa della grande scuola italiana. Il terribile incidente sulle nevi di Lake Placid il 3 marzo 1979 con la caduta in discesa libera e un conseguente stato vegetativo ci toglierà un talento cristallino, il primo a riconoscerlo e a incoronarlo fu proprio Ingo, e chiuderà il sipario su un sogno, quello che la Valanga Azzurra potesse autoalimentarsi producendo campioni in eterno.
Dovremo attendere qualche anno perché il testimone dei ragazzi imbattibili passi a un altro giovane che ne sarà il degno erede, un fenomenale atleta nato in pianura, di nome Alberto Tomba.
Alberto, anche lui presente nel docufilm, porterà di nuovo il tricolore a svettare sui podi di tutto il mondo regalandoci una nuova favola, rimanendo sempre fedele all’idea che senza Valanga azzurra, senza Gustavo Thoeni che ne diverrà mentore, allenatore e soprattutto amico, non ci sarebbe stato il “fenomeno Tomba”.
Il docufilm, prodotto da Fandango, sarà presentato in anteprima il 18 ottobre alle 16.30 nell’ambito della Festa del Cinema di Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica, Sala Sinopoli, con ingresso aperto al pubblico.
Il 21 ottobre è prevista l’uscita per quattro giorni in molte sale italiane e successivamente, tra Natale e Capodanno, in data ancora da definirsi, sarà programmato da Rai3.
Luca Steffenoni