Diventeremo tutti sci alpinisti ?
Sono sempre di più quelli che scelgono la fatica e il contatto con la natura passando alle salite con le pelli di foca. SI tratta di una moda o di una nuova risposta alle esigenze dello sciatore moderno? Analisi di uno sport che non sente la crisi e che, anzi, cresce costantemente
Enrico Maria Corno
Anche il più distratto sciatore della domenica che mette gli scarponi solo un paio di volte l’anno, avrà notato la presenza sempre più costante di “quei matti che vogliono fare fatica e vanno in salita con le pelli”.
Li si vede spesso, dalla seggiovia, faticare sulle tracce di sentiero in neve fresca, spesso li si vede guardare quegli sci e quei gusci nell’angolo del negozio dove di solito non guarda nessuno. Sono una vera comunità. Si vedono ma soprattutto se ne percepisce la presenza.
Non pranzano “assieme a noi”, nei rifugi sulle piste, perché hanno orari diversi e frequentano luoghi diversi e non vestono come noi, tanto che li si riconosce facilmente in giro per il paese. Non parcheggiano nemmeno dove parcheggiamo, noi ma lungo qualche tornante insignificante. O altre volte arrivano agli impianti quando noi siamo già all’apres-ski.
Chi sono
Ecco la carta d’identità dello scialpinista medio: «È un uomo, sui 35 anni. Ma il numero delle donne sta crescendo e si attesta intorno al 15 per cento». Parole di Stefano Finazzi, sales manager di Dynafit, brand che dal 2003 fa parte della galassia Oberalp, di Bolzano e che si occupa di scialpinismo da oltre trent’anni. «L’età media si sta abbassando velocemente e va dagli 11 anni (come i partecipanti ai corsi nelle scuole di Dynafit in Veneto) fino ai 70».
È ancora uno sport riservato ai montanari o anche i cittadini hanno ormai cominciato a praticarlo? «Direi che, in valore assoluto, quelli che salgono dalla pianura sono almeno il 30 per cento del totale. Ovviamente, chi vive in montagna ha infinite occasioni di praticarlo in maniera estemporanea». Se una sera esci dal lavoro e hai un’oretta di tempo, ti cambi e sei subito pronto. Sci e scarponi rimangono nel bagagliaio dell’auto fino al disgelo.
«Intanto, occorre specificare che lo scialpinismo si divide fondamentalmente in due attività, Race e Ski touring, cioè competizioni e pratica per passione. Va da sé che le aziende del settore, così come i consorzi turistici, comunichino lo scialpinismo solo con le immagini spettacolari delle gare ma, noi lo vediamo bene dalle vendite, questa è solo una piccola fetta del totale. La magguior parte dei praticanti è composta dagli appassionati che salgono in montagna per amore della fatica e della natura, oltre che ovviamente della discesa in neve fresca, nel fine settimana. Per capire chi è lo scialpinista, quindi, bisogna stare attenti a non lasciarsi ingannare dalle apparenze perché il praticante medio è virtualmente invisibile all’utente normale della montagna. Chi invece va per allenarsi, per sé stesso o in previsione di una gara, parte dopo il tramonto e durante la settimana. E, nel weekend, sceglie valli isolate, spesso lontane dalle piste».
I numeri dello scialpinismo
Fino a pochi inverni orsono, era un’attività riservata a pochi, a persone che mal sopportavano l’idea di sciare su piste troppo affollate di “cittadini fastidiosi”. E veniva praticato solo a fine stagione. Oggi, si va a cercare la neve fin da novembre e le Apt o i consorzi turistici non possono fare a meno di preparare itinerari e di promuovere i corsi delle guide alpine.
«La Federazione ha solo i numeri che riguardano i tesserati per lo scialpinismo agonistico e non quelli di tutto il movimento, che è ben più ampio», ci racconta Massimo Macha Dondio, il team manager di La Sportiva, che segue da vicino il mondo delle competizioni e che è, ovviamente, uno scialpinista della prima leva. «I numeri circolati durante l’ultima edizione di ProWinter, a Bolzano, parlavano di un +6 per cento registrato nel solo inverno 2013/14». Un’enormità. Sci da discesa, tavola, sci di fondo e subito dopo sci alpinismo, l’unico sport ella Fisi ad avere un trend di tesserati in crescita costante.
Scialpinismo significa risparmio?
Da un lato, lo scialpinismo è uno sport che può essere praticato senza spendere un solo euro, esattamente come quando andiamo a correre al parco. Dall’altro, prevede che i costi fissi di abbigliamento e attrezzatura vengano ammortizzati nel tempo. E non sono così bassi. «Per praticare uno sport endurance così particolare non si può lesinare sull’attrezzatura, che deve essere molto sicura e di livello» continua a spiegare Macha Dondio. «Sci, pelli, scarponi e bastoncini possono assestarsi su un primo prezzo di 800 euro, prezzo che raddoppia almeno acquistando l’abbigliamento tecnico: pantaloni, intimo, giacca per salire, giacca più pesante per scendere, casco, occhiali, guanti e zaino, oltre a sonda, pala e arva.
Anno dopo anno, si possono trovare sempre più spesso sci e scarponi da scialpinismo anche nei noleggi. Ce n’è almeno uno in ogni località principale. Non aspettatevi l’ultimo modello del catalogo, ma ci sono».
L’unico costo variabile? «All’inizio bisogna frequentare almeno un corso di sci alpinismo con una valida guida alpina. Fare sci alpinismo sembra facile, ma è tutta questione di esperienza e vediamo in giro tanti principianti che, alla prima difficoltà, vanno subito in crisi», puntualizza Finazzi. «La salita è una questione di tecnica e bisogna essere preparati alla discesa in fuoripista. E, soprattutto, bisogna conoscere il meteo e le condizioni della neve e come soccorrere un compagno che dovesse avere un problema».
Perché in tanti praticano lo scialpinismo?
Si tratta quasi esclusivamente di sciatori da discesa “pentiti”? E poi forse tutti quelli che corrono i trail e, soprattutto, lo skyrunning d’estate (altra moda imperante…) hanno trovato nello sci alpinismo un’alternativa invernale per rimanere in allenamento? Oppure corrispondono al vero quegli studi socio-economici che affermano che, a fronte di una minore disponibilità di portafoglio, si sceglie più o meno consapevolmente di fare a meno delle piste?
Da un lato si cerca di risparmiare sul prezzo dello skipass, che può rappresentare anche più del 50 per cento dei costi totali. Dall’altro, è stato provato che l’inconscio, durante i periodi di difficoltà, tende ad abbandonare il superfluo, ricercando invece la semplicità e la genuinità della vita in generale, dei rapporti personali, dello spirito. Anche così si giustifica il progressivo abbandono delle piste e degli snowpark per cercare un contatto più diretto con la natura. «Mi trovo d’accordo sull’analisi delle ragioni per cui lo scialpinismo continua a crescere. In fin dei conti i motivi per cui la gente abbandona lo sci alpino sono le stesse per cui lo scialpinismo cresce», conclude Finazzi, di Dynafit. «A ciò aggiungo almeno altre due ragioni: intanto c’è stata una forte spinta commerciale, a partire dai negozi di articoli sportivi e dai consorzi turistici che hanno promosso per primi questo “nuovo” prodotto. E poi c’è una ragione puramente emozionale: lo ski touring è il nuovo freeride, ti fa sentire vivo in mezzo alla natura, ti fa arrivare in angoli di mondo dove nessun altro passa da settimane, si ha la percezione dell’avventura. Lo scialpinismo è un prodotto che fa sognare. E poi dà quella sensazione di vivere “free” ed è un’attività sportiva pulita e sana». E molto più eccitante delle ciaspole, il cui mercato è fermo da tempo.
Teniamoci forte: «Ci sono studi che calcolano che nei prossimi 3/4 anni ci sarà una grande migrazione a livello europeo di chi pratica d’abitudine lo sci da discesa verso lo scialpinismo». Staremo a vedere…
Pista o non pista? Questo è il problema…
Gli sciatori da discesa sanno che la legge italiana impedisce a chiunque di risalire le piste. Eppure tutti i giorni vediamo gente che, anche in pieno giorno, sale più o meno all’interno del bordo laterale del tracciato. E pochi lo fanno all’esterno.
«Anche risalire le piste al buio dopo l’orario di chiusura è illegale. Le piste a quell’ora assumono lo status legale di cantiere e non sono praticabili» conferma Luca Bertoluzza, il factotum degli impianti di Pampeago. «In attesa di una legge più adatta a riguardo e ammettendo le reciproche mancanze, impiantisti, scialpinisti e sciatori devono capire che è una questione di buon senso, pur partendo dal presupposto che, – in caso di qualsivoglia incidente in qualsivoglia punto della montagna, è sempre colpa dello sci alpinista».
È nella natura delle cose che lo scialpinista vada lontano dal traffico, ma ogni salita e ogni discesa hanno i rispettivi pro e contro: «Scegliere la pista significa non rischiare valanghe ma rischiare di essere investiti e viceversa. Credo che in futuro gli impianti di ogni comprensorio si accorderanno per rendere fruibile una pista diversa ogni sera per la pratica in sicurezza dello scialpinismo. Sarebbe già un passo avanti in attesa di investimenti più importanti su questo sport», conclude Bertoluzza.
Hervè Barmasse: consigli per principianti
Il maestro del Cervino, uno dei più grandi alpinisti italiani in attività, parla agli sciatori da discesa che stanno cominciando a pensare di avvicinarsi allo sci alpinismo. «Lo sciatore esperto sa sicuramente scendere, anche in fuoripista, ma deve essere consapevole di non saper salire», spiega Hervè Barmasse. «Non è solo una questione di gambe e di fiato e chi si allena correndo scopre subito che i muscoli attivati dallo sci alpinismo non sono quelli che si usano nel running, oltre al fatto che si usano anche le braccia. Esiste una tecnica di progressione in salita che andrebbe imparata, e non va sottovalutata. Bisogna, per questo, rivolgersi alle guide alpine che sono le uniche in grado di consigliare i principianti.
«Parlando di attrezzatura, all’inizio è importante non avere sotto i piedi materiali estremi e troppo leggeri: scegli uno sci intermedio, abbastanza leggero per salire con poca fatica e abbastanza robusto per scendere in fuoripista e divertirsi in sicurezza. Anche la scelta dello scarpone è importantissima, più che nello sci alpino: con quella scarpa tu devi salire e fare fatica, quindi la stessa non deve essere troppo pesante e non deve tenere troppo caldo. Le calze, allo stesso modo, non devono essere in lana né di tessuto troppo pesante perché bastano pochi minuti di attività per provocare vesciche: la calza deve essere leggera e sottile per permettere al piede di muoversi dentro la scarpetta, proprio come le calze che gli sciatori da discesa usano durante le gare per avere più sensibilità. Ci sono aziende che producono addirittura calze in cui sono stati inseriti spessori di gel nei punti più delicati.
«L’abbigliamento – conclude Hervè – deve essere traspirante e resistente. Bisogna vestirsi leggeri in salita e coprirsi in discesa, con un cambio asciutto. Lo zaino non deve essere troppo ingombrante e contenere pala, sonda e arva».