Cosa dobbiamo fare per farci ascoltare (da Conte)?
Ieri è arrivato l’ennesimo appello dal mondo della montagna. Recita a grandi linee così. “Fateci aprire a Natale, oltre a tutti i Protocolli già messi a punto da tempo venderemo gli skipass solo a chi soggiorna in hotel oppure a chi ha una seconda casa”. Un appello disperato, l’ultimo probabilmente per cercare di salvare la stagione. Se nemmeno questo venisse almeno ascoltato (gli altri sono rimasti lettera morta) significherebbe una cosa sola: che sciare non è “politicamente corretto”. “C’è gente che soffre e voi dove pensate di andare”, si è udito e letto in televisione e sui giornali nel tentativo di far passare un’industria da 10.000 miliardi di fatturato e 120.000 posti di lavoro in un capriccio da ricchi.
Non c’è altra spiegazione a un simile accanimento, perché ormai di questo si tratta, contro il sistema montagna, che in questi giorni è stato additato come il responsabile del contagio a marzo, paragonato a discoteche al chiuso dove la gente non ha neanche lo spazio per allargare le braccia senza tirare un cazzotto al vicino.
E i Protocolli redatti dalla Conferenza delle regioni, dalle singole stazioni, dall’associazione maestri di sci? Chiusi in un cassetto, probabilmente senza neanche sfogliarli. “Dobbiamo eliminare il superfluo, per quello ci penseremo in futuro, quando la situazione sarà sotto controllo”. E’ il mantra espresso da Conte in più occasioni.
Ma allora non avevo capito niente. Pensavo che la priorità fosse bloccare tutte quelle attività che potessero creare le condizioni per veicolare il virus, e invece no. Il nostro premier ha deciso che migliaia di persone devono essere lasciate per strada solo perché hanno la sfortuna di lavorare in quello che lui ritiene “superfluo”. Che poi questo superfluo sia o meno potenzialmente pericoloso per l’incolumità generale, passa in secondo piano. Va stoppato e basta.
E noi, purtroppo, siamo nel mezzo del guado. Con il Natale che si avvicina. Mancano una ventina di giorni, pochi, pochissimi ma comunque ancora sufficienti per fare quattro telefonate e riunire la parti attorno a un tavolo. Quelle parti che hanno redatto protocolli scrupolosi fin dalla scorsa estate, che si sono spesso già organizzate per garantire una vacanza in sicurezza e che si sono accordate tra loro per limitarsi ulteriormente (e tanto, aggiungiamo noi) con l’ultimo appello di questi giorni. Tutto ciò, secondo noi, merita almeno un briciolo di attenzione e un minimo di rispetto. E’ arrivato il momento di dimostrarlo.
Luca Laudati
Foto: Sophie Pichler