Clement Noel. Generazione di… giganti
Questo ragazzone francese (è alto 191 centimetri) è la punta di diamante di un gruppo di giovani slalomisti accomunati da una statura notevole e da una sciata semplice ed estremamente redditizia. Lo scorso anno ha chiuso al secondo posto in classifica e ha iniziato questa stagione con il podio di Levi di Andrea Cappelletti
Da giovane debuttante a vincente in Coppa del Mondo. Clement Noel, ragazzo dei Vosgi, una regione collinare della Francia, è oggi tra gli atleti di riferimento nello slalom, con un futuro luminoso, perché no, anche in altre discipline.
Al primo slalom stagionale è subito salito sul podio, nonostante la pausa forzata autunnale per problemi di schiena: miglior tempo nella prima manche e secondo posto finale, retrocesso da un Henrik Kristoffersen scatenato sul muro finale della Black di Levi. Il suo risultato non è certo una sorpresa, considerando la stagione scorsa: secondo posto di specialità grazie alle vittorie di Kitzbühel, Wengen, Soldeu e il secondo posto di Adelboden.
Noel è definito da tutti più maturo dei suoi 22 anni, con alle spalle una storia che non è quella classica del ragazzo di montagna, perché fino all’adolescenza ha abitato lontano dalle maggiori stazioni. È stato uno studente modello e non subisce pressioni in gara, nonostante abbia dovuto prima farsi largo in Coppa e poi partire da favorito dopo una striscia di podi
Da giovanissimo hai lasciato la tua famiglia, i tuoi genitori e tuo fratello per andare a Val d’Isere. Come sei arrivato a questa decisione e perché proprio la Val d’Isere?
«È un buon posto, con un buon club e un attrezzato centro di allenamento, che ha i mezzi per portare avanti i giovani. Era tra le mie scelte. In più, c’era un altro ragazzo della mia stessa regione, i Vosgi, che prima di me aveva fatto la stessa esperienza: si era trasferito lì, presso una famiglia, ed era andata bene. I miei allenatori avevano inoltre dei contatti con il club di Val d’Isere. È stata una decisione che non ho preso io direttamente. L’anno presa piuttosto i miei genitori, con gli allenatori dell’epoca».
Abiti ancora a Val d’Isere?
«No, adesso vivo ad Albertville. È più semplice per gli allenamenti a secco; lì infatti c’è il centro sportivo della Federazione ed è anche un posto comodo per gli spostamenti».
Come spieghi la tua evoluzione così rapida in Coppa del Mondo? Hai sempre attaccato al massimo, senza fare calcoli?
«No, non è tanto questo. Prima ho avuto parecchi insuccessi, molte uscite in Coppa Europa. Ho fatto fatica a superare quella tappa, ci ho messo tanto tempo a ottenere i primi punti. Ma ci ho lavorato, ho migliorato il mio modo di sciare. Così sono diventato più solido, più regolare, e il lavoro ha cominciato a dare i suoi frutti. Quando un giovane arriva in Coppa del Mondo non ha molta pressione, si può lasciare andare. Pensavo di avere la sciata per entrare nei 30, così è stato. Poi un passo dopo l’altro sono arrivato ai vertici. Una cosa riusciva bene e si passava alla successiva».
Chi ti sta attorno dice che la tua forza è anche l’approccio mentale. Alcuni atleti vanno forte in allenamento, ma si perdono in gara. Tu sai essere “zen”, non subire la pressione. È vero?
«L’aspetto mentale conta per forza, perché è una grande parte del lavoro. Alle prime gare di Coppa del Mondo partiamo con il 50 o il 60. L’exploit è entrare nei 30, non hai niente da perdere. Così siamo condannati a fare l’exploit, non possiamo permetterci di sciare in trattenuta. Per me ha funzionato da subito. Dalla Coppa Europa bisogna sapersi adattare alla Coppa del Mondo, che è una nuova dimensione. Per me l’approccio mentale è stato quello giusto».
Hai qualcuno che ti ha supportato, un preparatore mentale?
«No, ma lavoro sempre sull’aspetto mentale. A ogni gara e a ogni allenamento, che siano gli allenatori, i compagni di squadra o io stesso, impariamo dalle esperienze proprie o altrui, e questo ci rinforza nell’approccio mentale. Però non ho un preparatore».
In slalom i distacchi in classifica sono davvero minimi tra gli uomini. Spesso solo un secondo e mezzo per i primi 30. Pensi che sia dovuto al livello molto alto della concorrenza o, magari, a piste e tracciati troppo facili, dove non si riesce a fare la differenza?
«Ah no, i tracciati non sono troppo facili, anzi sono sempre più difficili, anno dopo anno. Più chiusi, più stretti, che girano di più. Quasi preferisco quando non si cercano cose troppo bizzarre. Lo slalom è fatto anche per avere delle belle immagini alla tele. E noi ci divertiamo quando i tracciati sono regolari. Non dico troppo facili, ma belli da vedere. Penso che il livello della concorrenza sia elevato e che lo sia particolarmente in slalom. Ne sono certo. Tutti i Paesi fanno un buon lavoro, perché è la disciplina più facile da organizzare. Anche quelli più piccoli, come la Bulgaria con Albert Popov, e molti altri, riescono ad allenarsi in maniera corretta in slalom e formano buoni sciatori».
Hai avuto un avvicinamento alla stagione complicato, con qualche problema di schiena. Come ti sei potuto preparare e come stai ora?
«Dopo i problemi avuti a Ushuaia ho aspettato il momento buono per tornare sugli sci, ho lavorato sulla prevenzione e sono stato attento a non forzare. Ero un po’ in apprensione perché non sapevo se avessi potuto riprendere senza problemi. Comunque, mi sono allenato bene da novembre, nei ritiri di Tignes e Salla, prima della gara di Levi. Mi sento a posto, magari c’è qualcosa da sistemare, ma c’è il tempo di farlo».
Cosa ti aspetti da questa stagione?
«L’obiettivo è sempre lo stesso: essere costante in tutte le gare e stare davanti. Adesso ancora di più, perché so di avere le capacità per farlo. I risultati passati mi fanno credere di dover essere sempre performante e veloce, è un obiettivo che mi pongo da solo. Volevo essere a Sölden per il gigante, poi però le cose sono andate diversamente. Vedremo durante la stagione se ci saranno le condizioni per disputare qualche gara anche tra i pali larghi».
Il palmares (aggiornato a oggi 07/04/2020)
6 vittorie, 10 podi in Coppa del Mondo
1 Medaglia d’oro ai Campionati del mondo junior, Davos 2018 (Slalom)
Qualcosa di Clement
– È nato il 3 maggio 1997 a Remiremont ed è cresciuto a Ventron, nei Vosgi, regione nordorientale della Francia, dove ha cominciato a sciare da bambino. Suo padre è ingegnere, la madre casalinga. “Da bambino mi piaceva sciare per stare con gli amici, niente di più. Non pensavo a diventare un campione”.
– Specialista dello slalom, fa parte di quegli sciatori molto alti (è 1,91 metri), che in questa disciplina stanno spopolando. Qualche esperto dice che la sua tecnica è vincente perché riesce ad accorciare le linee, a fare meno strada, andando il più diretto possibile da porta a porta.
– A 15 anni, dai Vosgi si è trasferito in Savoia, a Val d’Isere, per progredire nello sci. In questa località di grandi campioni quali Henri Oreiller, Jean-Claude Killy e le sorelle Goitschel, Noel ha abitato per tre anni presso la famiglia Chevallot. Questi, che hanno due figli maschi e sono proprietari di una catena di pasticcerie /anifici, lo considerano come parte della famiglia e ora gli hanno dedicato anche un dolce. “È molto gentile e modesto. Diceva sempre di sì a tutti e con i nostri ragazzi si trovava proprio bene, mai uno screzio in casa”, le parole della signora Chevallot.
– L’impegno e i buoni risultati nello sci non hanno pregiudicato il suo rendimento nello studio. Noel ha infatti ottenuto un “bachelier S”, corrispondente al nostro diploma di liceo scientifico, con una media altissima, 18,3 su 20. I voti migliori, in matematica e storia.
– Nella squadra francese è sotto l’ala protettrice di due slalomisti esperti, il 39enne Julien Liseroux e il 35enne Jean-Baptiste Grange, entrambi grandi interpreti della disciplina, ancora in attività. “Mi aiutano molto nella lettura della gara, nellaa gestione della pressione tra le due manche e nelle relazioni con i media”, ha confessato. Il suo tecnico è Simone Del Dio, italiano di Bardonecchia.