Coppa del Mondo maschile: molti record di precocità sono italiani
Molto spesso si dice che i campioni italiani dello sport, e in particolare dello sci alpino e degli sport invernali, non sono particolarmente precoci nel raggiungere i loro primi successi. Ma non è sempre stato così, tutt’altro. L’Italia, infatti, vanta un primato che sembra incredibile e che molto difficilmente verrà battuto: da quasi 50 anni due nostri portacolori sono gli ancora imbattuti vincitori più precoci in Coppa del Mondo maschile nelle tre specialità classiche dello sci alpino: discesa, gigante e slalom. Questi due atleti sono Piero Gros e Herbert Plank.
L’8 dicembre 1972 nel gigante di Val d’Isere, località che ha storicamente dato grandi soddisfazioni ai colori azzurri, col numero 45 scende un ragazzino di 18 anni e 39 giorni, proveniente da Sauze d’Oulx, all’esordio assoluto in Coppa del Mondo e lanciato dal direttore tecnico Mario Cotelli dopo alcune gare in Coppa Europa. Questo ragazzino si chiama Piero Gros, il quale, sconosciuto ai più, nella prima manche si piazza incredibilmente secondo a 63 centesimi dal norvegese Erik Haker. Nella seconda Pierino, come viene chiamato, supera sia se stesso sia lo scandinavo, rifilandogli 81 centesimi e battendolo sul traguardo di 18 centesimi, terzo a quasi due secondi c’è l’altro azzurro Helmut Schmalzl, mentre Gustavo Thoeni, il detentore della Coppa del Mondo, si deve accontentare del settimo posto.
Nove giorni più tardi, il 17 dicembre, a Madonna di Campiglio, nello slalom sul Canalone Miramonti, alla sua seconda gara in Coppa Gros si ripete. Partendo col numero 42 è quinto dopo la prima manche, a 94 centesimi dal leader, il tedesco occidentale Christian Neureuther, che 12 anni dopo diventerà padre di Felix, mentre Thoeni è secondo a soli 3 centesimi. Nella seconda metà gara il giovanissimo piemontese si scatena nuovamente, arrivando a battere il suo caposquadra Thoeni per soli 7 centesimi, Neureuther chiude terzo a 27 centesimi. Gros è quindi riuscito in un’impresa quasi sicuramente ineguagliabile: diventare il più giovane vincitore di una gara di Coppa del Mondo in generale e in entrambe le specialità tecniche, per giunta nelle sue prime due gare nel Circo Bianco!
Il 10 dicembre 1973, guarda caso sempre in Val d’Isere, un ragazzo di 19 e 98 giorni, Herbert Plank, altoatesino di Racedes, vicino a Vipiteno, atteso all’esplosione da almeno un anno, vince la discesa sulla pista Oreiller-Killy, che allora tutti chiamavano Daille, dal nome della frazione in corrispondenza della quale è posto l’arrivo. Davanti a lui avrebbero potuto piazzarsi Marcello Varallo e Giuliano Besson, ma entrambi sbagliano e nonostante tutto riescono a rimanere tra i primi dieci, mentre secondo e terzo si piazzarono due austriaci, Werner Grissmann e un certo Franz Klammer. Plank diventa così a sua volta il più giovane vincitore in Coppa nella specialità che da sempre viene considerata la “regina dello sci”. All’Italia maschile, come record di precocità nelle gare singole, quindi non comprendendo combinate e paralleli, manca solo il superG: il primato è del norvegese Kjetil Andre Aamodt, vincitore ad Aspen a 20 anni e 192 giorni il 15 marzo 1992, ma dietro di lui, 20 anni e 312 giorni, c’è ancora un azzurro, Michael Mair, trionfatore a Campiglio il 22 dicembre 1982.
Curiosamente nelle gare tecniche, subito dietro a Gros, il secondo più giovane vincitore di sempre in gigante e slalom è ancora un azzurro: tra le porte larghe è Thoeni, vincitore in Val d’Isere (tre anni prima del compagno di squadra!) l’11 dicembre 1969 a 18 anni e 286 giorni, mentre tra quelle strette, vincitore a Oslo il 7 febbraio 1979 davanti a due leggende come Ingemar Stenmark e Phil Mahre, c’è Leonardo David, che in quel momento aveva 18 anni e 133 giorni e la cui vita, meno di un mese dopo, verrà spezzata da una caduta all’arrivo della discesa preolimpica di Lake Placid che lo fece andare in coma per quasi sei anni prima della morte effettiva. Dimenticavamo di dire che il più giovane vincitore della Coppa del Mondo maschile assoluta è Gros, che ebbe la certezza matematica della conquista della sfera di cristallo col successo nel gigante di Vysoke Tatry del 9 marzo 1974, a 19 anni e 130 giorni.
Perché abbiamo detto che tutti questi record detenuti dall’Italia difficilmente potranno essere battuti? Perché allora i ragazzi, e soprattutto le ragazze, venivano lanciati nelle gare più importanti a un’età media molto più bassa di quella di oggi, e i grandi talenti emergevano subito: lo sci era uno sport dilettantistico (anche se già allora non era così, almeno per quanto riguardava i migliori), e la preparazione atletica non era così esasperata come oggi. Per cui chi aveva grandi doti tecniche non impiegava molto tempo a eccellere, il problema era però che prima dei 30 anni molti atleti erano già logori e faticavano a restare al passo coi migliori. Unica eccezione di quei tempi, e lo fu in molte cose, Ingemar Stenmark, vincitore in Coppa del Mondo sia alla soglia dei 19 anni sia alla soglia dei 33 e che rappresenta l’anello di congiunzione tra i grandi e precoci talenti di una volta e gli iperprofessionali e iperatletici sciatori di oggi, che magari ci mettono un po’ più tempo a vincere ma hanno delle carriere molto più lunghe: molti sono ancora in pista ben oltre i 35 anni e qualcuno, come Julien Lizeroux, anche oltre i 40.
Foto: FISI Pentaphoto