Kjetil Jansrud, il jet che viene dal freddo
Non tutti sanno che questo ragazzone norvegese sempre sorridente ha vinto in gioventù la Coppa Europa di Gigante e di Slalom e l’argento Olimpico in Gigante a Vancouver, prima di dominare nella velocità con ben 22 primi posti e 52 podi. L’importanza dello spirito di squadra all’interno del team e il suo “debole” per la Saslong di Andrea Cappelletti
Non tutti ricordano che Kjetil Jansrud è venuto alla ribalta grazie alle discipline tecniche, vincendo la Coppa Europa di Gigante e Slalom nel 2005, per diventare poi uno dei velocisti di maggior successo. L’atleta dal fisico possente con il sorriso sempre sulle labbra, ci ha dato appuntamento a Sölden, dove si è allenato prima della gara, a cui poi ha deciso di non partecipare.
Le gare veloci debuttano a dicembre, con uno stacco di 8 mesi dalla stagione precedente. Ci racconti come trascorri questa lunga pausa?
«Se sei norvegese l’inverno dura un po’ di più. Anche quest’anno abbiamo finite con lo sci a inizio maggio. Poi una decina di giorni liberi, prima di cominciare gli allenamenti estivi. Ci troviamo con la squadra a Oslo per palestra, bici, test fisici e tutto il resto, fino a luglio, quando finalmente vado in vacanza, ma poi si ricomincia a sciare, si va in Cile, dopo sui ghiacciai e via di questo passo. Quindi, anche se ci sono 8 mesi tra una gara e l’altra, il tempo libero non è molto. Quest’anno sono andato per la prima volta a Ibiza. È rinomata per la festa, ma non lo posso confermare perché ho fatto delle vacanze tranquille, con la famiglia. È un posto bellissimo, con Formentera e tutto il resto».
Hai una ricca collezione di Coppe di disciplina e di medaglie, tra cui la più recente è l’oro in Discesa di Åre 2019. É il momento di ambire alla Coppa generale? Senti nominare il tuo nome tra i favoriti?
«Lo sento, ma è così da quasi 10 anni. Qualche stagione fa sono stato molto vicino a Marcel (Hirscher), altre no. Adesso che lui ha smesso, penso che per me non cambi tanto: se farò bei risultati sarò tra i contendenti. La Coppa Generale è un progetto secondario, il principale sono le Coppe di Discesa e di Superg. Se riuscissi a vincerle, sarei automaticamente anche in lotta per la Generale. Sarà una stagione interessante, nessuno sapeva che Marcel si sarebbe ritirato e adesso il campo sarà più aperto. Per me i favoriti sono Henrik (Kristoffersen) e Alexis (Pinturault)».
Hai citato le discipline veloci, ma in prospettiva Generale ti rivedremo anche in Gigante e Combinata?
«Sì, farò le Combinate come ogni anno. Questa stagione il sistema di partenza sarà diverso, nessuno sa come funzionerà, se cambierà qualcosa. Farò anche Gigante, a Beaver Creek, a Adelboden e altri».
Voi “Attacking Vikings”, così vi definite nella squadra norvegese, siete un esempio di spirito di squadra. Ci puoi raccontare le vostre dinamiche e come vivi tu il team?
«È difficile da descrivere in poche parole, perché è un processo nato negli anni ’90. Quando arrivi in squadra capisci che è qualcosa che non riguarda te, ma l’intero gruppo. Senti subito il rispetto che tutti hanno per come lavoriamo, ci alleniamo, ci relazioniamo, ci rispettiamo. Sono le piccole cose nella vita di tutti i giorni che ci portano ad avere un determinato spirito nei giorni di gara. I risultati son il prodotto di quello che facciamo quotidianamente. É una cultura molto forte, che si è formata negli anni. È stata messa in discussione da Henrik (Kristoffersen, che ha un team privato, ndr), ma sono fiero degli Attacking Vikings e della nostra cultura di squadra. Penso che il nostro successo sia dovuto anche a questo. In passato eravamo 2 o 3. Adesso siamo tanti, guarda qui davanti (siamo a Sölden, con circa 20 atleti norvegesi per la foto di gruppo). Questo significa che il sistema funziona. Spero che tutti qui si sentano come mi sentivo io quando sono entrato in squadra».
A proposito di squadra, il tuo compagno Aksel Lund Svindal si è ritirato. É cambiato qualcosa per te?
«Sì e no. Quel che è cambiato di più è la parte sociale. Siamo un gruppo di 4, quando 1 manca è una grande perdita nel team. Dal punto di vista sportivo ci mancano la sua esperienza, i suoi consigli, con la grande conoscenza che ha. Ma sarà anche un’opportunità per trovare un nuovo equilibrio; spero che funzioni».
Vivi in Norvegia anche in inverno o fai base in Europa centrale come altri, scandinavi e americani ad esempio?
«Vivo in Norvegia. Non riesco sempre a tornare a casa tra una gara e l’altra, faccio blocchi di qualche settimana ogni volta. A ottobre siamo sui ghiacciai in Austria, poi a casa. Novembre in Nord America: Copper, Lake Louise, Beaver Creek e di nuovo a casa. Poi Val Gardena e Bormio, dato che non ci sono abbastanza giorni di stacco a Natale. Riesco a rientrare in Norvegia per Capodanno, poi di nuovo Alpi per diverse settimane, e così via. Ho più voli, più taxi, ma mi godo di più i giorni a casa. Agli hotel e alle lunghe trasferte ci si abitua. È curioso che, per esempio, gli austriaci si lamentino delle troppe gare, dei troppi viaggi. Loro però sciano sempre vicino a casa e non hanno grandi spostamenti…».
Hai parlato di diversi posti. Quale ricordi con più piacere, magari per il risultato ottenuto?
«Per me vincere a Kitzbühel è stato straordinario. Ricordo anche la mia prima vittoria, che è stata a Kvitfjell, la località dove sono cresciuto. Insomma, era la mia gara di casa ed è stato speciale. Anche vincere a Santa Caterina lo è stato, con un grande margine, in una discesa che non sembrava adatta a me. Poi le medaglie di Åre, di Sochi. E giornate fantastiche con la squadra, come la tripletta che abbiamo ottenuto in Val Gardena. Non ho mai vinto la Discesa a Wengen, ma solo la Combinata, quindi penso anche a nuove sfide».
Cosa ci dici di Cortina, dove si terranno le Finali e poi i Mondiali, e di Bormio, che ospiterà le gare maschili dei Giochi Olimpici del 2026?
«Non sono mai stato a Cortina, ma ho parlato con chi ci ha sciato. Dicono che la pista sia molto bella. Non vedo l’ora che si tengano i due eventi, Finali e poi Mondiali. Bormio è una pista dura, una delle più difficili del circuito. Sono stato veloce qualche volta, ma in altre occasioni era molto ghiacciata e mi sono trovato meno bene. Per le Olimpiadi? Sarò troppo vecchio per parteciparvi».
Come discesista sarai più esperto, forse non sarai troppo vecchio…
«Sì, penso che lo sarò. Non lo so, vedremo… potrò sempre venire da spettatore. Ci berremo una birra insieme!».
Palmares (aggiornato)
23 vittorie, 54 podi in Coppa del Mondo
4 Coppe del Mondo di specialità, 2015 (Discesa e Superg), 2017 e 2018 (Superg)
1 Medaglia d’oro Olimpica, Sochi 2014 (Superg)
2 Medaglie d’argento Olimpica, Vancouver 2010 (Gigante) e Pyeongchang 2018 (Discesa)
2 Medaglie di bronzo Olimpiche, Pyeongchang 2018 (Superg), Sochi 2014 (Discesa)
1 Medaglia d’oro ai Campionati del Mondo, Åre 2019 (Discesa)
2 Medaglie d’argento ai Campionati del Mondo, St. Moritz 2017 (Superg), Vail 2015 (Combinata)
Box Qualcosa di Kjetil
– Kjetil Jansrud è nato il 28 agosto 1985 a Stavangen, ma quando aveva 3 anni la sua famiglia si è trasferita a Vinstra, villaggio montano nella zona di Lillehammer. È il secondo di quattro figli e ha cominciato a sciare a 7 anni, avendo ricevuto in regalo un paio di sci dagli zii. Ora vive a Oslo con la fidanzata Isabel.
– Ha debuttato in Coppa del Mondo il 19 gennaio 2003 nello Slalom di Wengen. Si è dedicato alle discipline tecniche fino al 2008, ha gareggiato come polivalente fino al 2013, per poi concentrarsi solo solla velocità.
– -È cresciuto sulle orme di Aksel Lund Svindal, di cui è 3 anni più giovane, che era già vincente in Coppa quando Jansrud debuttava. Nella loro carriera, diventata parallela, sono saliti insieme sul podio per 12 volte in Coppa, 2 ai Giochi Olimpici, e anche nella gara di addio di Svindal, la Discesa dei Mondiali di Åre 2019, Jansrud ha vinto con Svindal secondo.
– Ha sostenuto per anni il Movember, movimento di sensibilizzazione e di raccolta fondi per la ricerca sul cancro alla prostata. Per questo, nel mese di novembre usa portare i baffi, simbolo del movimento. Movember viene dalle parole mustache e November (baffi e novembre).
– La sua pista preferita è la Saslong, in Val Gardena, per la sua conformazione. «È scorrevole, ma solo se la fai correttamente. È tra le piste più bilanciate, ci possono essere parti che mettono timore, con passaggi strategici, ma se l’attacchi è come un autodromo, con punti dove spingere, altri dove aspettare; ci vuole tattica». È anche la pista che gli ha dato le maggiori soddisfazioni, con 8 podi, di cui 2 vittorie, in 12 gare disputate.
– Jansrud è uomo Head dalla testa ai piedi, nel senso che utilizza sci, attacchi, scarponi del marchio austriaco e indossa anche casco e maschera Head.