28 novembre 1978: il giorno in cui nacque la Valanga Rosa
Tutti sanno in quale occasione nacque il termine “Valanga Azzurra”, e cioè quando nel gigante maschile di Coppa del Mondo di Berchtesgaden, il 7 gennaio 1974, cinque azzurri si piazzarono ai primi cinque posti: nell’ordine Piero Gros, Gustav Thoeni, Erwin Stricker, Helmut Schmalzl e Tino Pietrogiovanna. Il termine fu ufficialmente coniato sei giorni dopo da Massimo Di Marco a seguito di un colloquio col direttore tecnico dell’Italia Mario Cotelli: il 13 gennaio infatti, nel gigante di Morzine, vinse di nuovo Gros, Thoeni fu terzo, Stricker quarto e Schmalzl quinto, unico intruso fu l’austriaco Hansi Hinterseer, secondo.
Pochi però si ricordano qual è stata la gara che fece nascere la definizione di “Valanga Rosa” per le sciatrici italiane: fu lo slalom femminile dello Stelvio di martedì 28 novembre 1978, valido per le World Series, che erano una sorta di prologo della Coppa del Mondo vera e propria e che da molti anni non esistono più. Ebbene, su un tracciato difficilissimo e ghiacciatissimo vinse una 17enne nata e cresciuta a Milano e formatasi sciisticamente a Courmayeur di nome Maria Rosa Quario, già allora chiamata “Ninna”, che in quelle condizioni si esaltava e che fece il miglior tempo in entrambe le manche rifilando un distacco totale di ben 1”87 alla sua “capitana”, la 23enne Claudia Giordani, nata a Roma ma anch’essa cresciuta a Milano. Terza a 3”07 fu la svizzera Brigitte Glur, quarta e quinta altre due azzurre, Wilma Gatta e Daniela Zini, quest’ultima anch’essa giovanissima, 19enne di Livigno, sesta la Miss Circo Rosa di allora, la francese Fabienne Serrat, settima e ottava ancora due nostre rappresentanti, Wanda Bieler e Thea Gamper, nona e decima, a chiudere le prime dieci, le statunitensi Becky Dorsey e Tamara McKinney, allora 16enne, che nel 1983 vincerà la Coppa generale. Le uniche azzurre che mancarono l’appuntamento con le top 10 furono Piera Macchi, uscita dopo poche porte, e Cinzia Valt, nona dopo la prima manche ma poi finita a sua volta fuori nella seconda.
Sei azzurre nelle prime otto: un risultato clamoroso, che fece giustamente sensazione perché inimmaginabile fino a pochi mesi prima, conquistato con moltissime big dello sci mondiale presenti. Tra queste le austriache, affondate in blocco, le svizzere (unica a salvarsi, come detto, fu Glur), prive di Lise-Marie Morerod, fermata da un terribile incidente automobilistico, la fuoriclasse del Liechtenstein Hanni Wenzel, detentrice della sfera di cristallo e terza dopo la prima manche ma poi saltata nella seconda, e la terribile teenager francese Perrine Pelen, all’epoca già vincitrice di 6 slalom in Coppa del Mondo. Si gareggiò con 25 gradi sotto zero, come ha ricordato la stessa Ninna nella diretta video Facebook di ieri sera della puntata del programma SciVolando su Radio Enjoy condotta dalla collega Raffaella Cerruto e alla quale ha partecipato anche il vincitore dello slalom sul Canalone Miramonti di Madonna di Campiglio del 1986 Ivano Edalini. Ninna ha poi aggiunto che i titoli dei giornali dopo questa impresa furono “Valanga Azzurra femminile”, rendendo il soprannome della squadra maschile valido anche per le donne, o addirittura “La Valanga Azzurra ha messo la gonna”. Col passare delle gare poi, visto che i buoni risultati si ripetevano, anche se non si raggiunse più un trionfo collettivo come quello di quel giorno allo Stelvio, venne spontaneo nominare quella squadra “Valanga Rosa”.
Per fortuna quel soprannome, grazie ai risultati di quelle stesse atlete e di altre che hanno poi preso il loro posto e che poi nomineremo, si è perpetuato fino a oggi, non a caso in campo femminile l’Italia ha vinto la classifica assoluta per nazioni nel 2017 e quest’anno, cosa che non era mai accaduta prima di tre anni fa. E’ vero, come ha voluto precisare la stessa Ninna Quario, che successivamente sono arrivate squadre azzurre femminili molto più forti, prima fra tutte quella dei nostri giorni, ma è anche vero che quelle ragazze furono la prima, vera, Valanga Rosa dello sci italiano, perché prima di allora il nostro sci alpino femminile aveva vissuto solo sugli exploit isolati di campionesse come Paula Wiesinger, oro mondiale in discesa nel 1932 a Cortina d’Ampezzo, Celina Seghi, fuoriclasse dell’Abetone coetanea e compaesana di Zeno Colò, tre volte quarta alle Olimpiadi tra 1936 e 1948 in discesa, slalom e combinata ma bronzo mondiale in slalom ad Aspen 1950 e due volte vincitrice della combinata del Kandahar nel 1947 a Muerren e nel 1948 a Chamonix, Giuliana Minuzzo, bronzo olimpico in discesa a Oslo 1952 e in gigante a Squaw Valley 1960, Carla Marchelli e Pia Riva, rispettivamente bronzo e argento mondiale in discesa a Badgastein 1958 e Chamonix 1962, Giustina Demetz, vincitrice della prima gara in assoluto in Coppa del Mondo per l’Italia uomini compresi, la discesa femminile del Kandahar del 1967 a Sestriere ex-aequo con la francese Marielle Goitschel, e come la stessa Giordani.
Addirittura la nostra squadra azzurra femminile era stata esclusa in blocco dai Giochi di Sapporo 1972 perché il rendimento delle atlete fu considerato inadeguato per una dignitosa partecipazione alle Olimpiadi invernali giapponesi. Ma poi arrivò, appunto, Claudia Giordani, vincitrice del gigante di Les Gets del 1974 a due giorni dal pokerissimo degli uomini a Berchtesgaden, e dello slalom di Maribor del 1977, ma soprattutto argento olimpico tra le porte strette a Innsbruck 1976. Claudia, figlia del pioniere italiano delle telecronache di basket Aldo Giordani, si trascinò dietro una squadra di giovanissime compagne di squadra che formarono un collettivo mai visto prima di allora in Italia tra le donne: dal 1980 al 1983 vinsero per quattro volte consecutive la classifica per nazioni relativa allo slalom, inoltre in gigante a un certo punto partirono in quattro nel primo gruppo e in slalom addirittura in cinque, cosa quest’ultima quasi inconcepibile al giorno d’oggi visto che le azzurre non vincono in slalom in Coppa del Mondo dal 29 dicembre 2007 a Lienz con Chiara Costazza e non salgono sul podio dal terzo posto di Manuela Moelgg a Zagabria del 4 gennaio 2011.
Tornando alle ragazze della Valanga Rosa “originale”, Giordani vinse in Coppa del Mondo anche a Saalbach l’11 marzo 1980, un anno prima del ritiro, ma anche in gigante alle World Series del 1976 a Bormio, e fu complessivamente 13 volte sul podio in Coppa in slalom, 3 in gigante e una in parallelo, seconda dietro l’austriaca Monica Kaserer in Val Gardena il giorno prima del leggendario duello tra Thoeni e Ingemar Stenmark; Ninna Quario, tuttora la nostra slalomista più vincente in Coppa con 4 successi, a Mellau nel 1979, a Les Diablerets, Vysoke Tatry e Sestriere nel 1983, anche se l’ultimo trionfo faceva parte dell’inverno 1983-1984, i suoi podi totali in Coppa sono 15 e per lei sono da aggiungere due successi alle World Series, quello citato dello Stelvio e quello di Bormio del 26 novembre 1982 davanti a una certa fenomenale svizzera Erika Hess, che a Lake Placid 1980 le soffiò il bronzo olimpico per soli 3 centesimi; Daniela Zini fu prima a Vysoke Tatry nel 1980 e a Limone Piemonte 1984 (davanti a Quario, prima doppietta azzurra in Coppa della storia) e bronzo mondiale a Schladming 1982, in Coppa fu 10 volte sul podio in slalom e una in gigante, seconda a Limone Piemonte nel dicembre 1980; Wanda Bieler fu terza in gigante ad Aspen nel 1981, così come Cristina Tisot, a Naeba nel 1975, mentre Elena Matous, la moglie di Fausto Radici, in rotta con la FISI fin da ragazzina e che gareggiava abitualmente per San Marino, fu seconda nella discesa di Cortina d’Ampezzo del 1976 difendendo i colori dell’Iran (!!!!!). Non sono da dimenticare, tra quelle citate in precedenza, Gatta e Macchi, autrici di numerosi piazzamenti tra le top ten, nelle quali si classificarono, nei primi anni ottanta, anche Paola Marciandi e Lorena Frigo.
Poi arrivò, da Selvino, Paola Magoni, detta Paoletta, che nel 1984 fu oro olimpico in slalom nella nebbia di Sarajevo e che vinse poi in Coppa a Pfronten nel 1985. In discesa gli acuti furono pochissimi, tra questi il quarto posto di Cristina Gravina a Piancavallo nel 1978, lo stesso risultato di Giordani nel 1973 a Zell am See, e qualche altra sporadica top 5 di Wanda Bieler, Karla Delago, zia di Nicol e Nadia, e di Michaela Marzola, la quale però fu addirittura vincitrice in superG a Megeve nel 1986. In quell’inverno 1985-1986 ci furono un secondo e un terzo posto della meteora Nadia Bonfini in slalom ma anche l’inizio di una grossa involuzione di Paoletta Magoni, inoltre Quario e Zini si ritirarono in contemporanea, per cui per l’Italia femminile, anche per colpa del primo grave infortunio di una giovanissima Deborah Compagnoni (di cui abbiamo appena rievocato la straordinaria carriera in occasione del suo 50° compleanno), attraversò un lustro di profondissima crisi, culminato nel 1988-1989, quando nessuna nostra atleta si piazzò tra le top ten di una gara di Coppa del Mondo nelle quali, due anni prima, erano arrivate una volta Cecilia Lucco in gigante e Nicoletta Merighetti, cugina di Daniela, in slalom. Per fortuna, dal 1991-1992, le cose sono cambiate e da allora, salvo brevi flessioni di rendimento collettivo, sono quasi sempre migliorate per la squadra azzurra femminile.
Hanno vinto in Coppa del Mondo e/o titoli o medaglie olimpiche o mondiali e/o coppe nelle varie specialità Deborah Compagnoni, Bibiana Perez, Isolde Kostner, Sabina Panzanini, Lara Magoni, Karen Putzer, Daniela Ceccarelli (regina per un giorno ai Giochi di Salt Lake City 2002 in superG), Denise Karbon, Elena e Nadia Fanchini, Chiara Costazza, Daniela Merighetti, Federica Brignone, Sofia Goggia, Marta Bassino, Elena Curtoni. Sono salite sul podio in Coppa Morena Gallizio, Roberta Serra, Barbara e Alessandra Merlin, Elisabetta Biavaschi, Silke Bachmann, Nicole Gius, Manuela Moelgg (14 podi senza vittorie), Lucia Recchia (che è stata anche argento mondiale in superG nel 2005), Irene Curtoni, Hanna Schnarf, Nicol Delago e Francesca Marsaglia. E qui ci fermiamo, perché citare anche tutte le altre, che un podio non l’hanno mai conquistato ma che sono comunque state delle buonissime atlete, sarebbe davvero troppo lungo.
Ma soprattutto, nella stagione conclusasi anzitempo non più di tre mesi fa, oltre alle coppe di gigante e di combinata, Federica Brignone è riuscita nell’impresa che mai era riuscita a una sciatrice di casa nostra, quella di portarsi a casa la Coppa del Mondo generale. Sarà anche un caso ma Fede è la figlia di Ninna Quario, proprio colei che vinse quel giorno di 42 anni fa allo Stelvio quella gara che ha di fatto dato il via all’epopea della Valanga Rosa, arrivata al giorno d’oggi alla sua ennesima versione, sicuramente la più fulgida di sempre visto che può annoverare tra le sue fila fuoriclasse come Brignone, Goggia e Bassino e tante altre grandi sciatrici. Il cerchio, insomma, si è chiuso alla perfezione da mamma a figlia, ma la storia della Valanga Rosa, ne siamo certi, non è finita.
Max Valle
Foto: FISI Pentaphoto