18 febbraio 1992: 30 anni fa il giorno più bello dello sci alpino italiano
Sono passati esattamente 30 anni da quel 18 febbraio 1992, un martedì, quando Deborah Compagnoni e Alberto Tomba riscrissero la storia dello sci alpino italiano vincendo un oro a testa ai Giochi olimpici invernali di Albertville.
Quella straordinaria giornata, la più bella per il nostro sport preferito, comincia alle 10 con la prima manche del gigante maschile, che si disputa sull’allora neonata Face de Bellevarde della Val d’Isère, nella quale Tomba precede Marc Girardelli di 13 centesimi, Kjetil André Aamodt di 24 e Paul Accola di 31: una classifica regale, coi primi due già da tempo fuoriclasse conclamati, il terzo che stava dando i primi segnali di quanto avrebbe fatto in una carriera irripetibile specialmente alle Olimpiadi, tanto è vero che due giorni prima era stato oro nel superG, infine il quarto era nel pieno della sua stagione magica che lo avrebbe portato a stravincere la sua unica Coppa del Mondo.
Alle 12,15 va in scena a Meribel il superG femminile, che avrebbe dovuto disputarsi il giorno prima ma che è stato inviato di 24 ore a causa della troppa neve e della nebbia nella parte alta della pista e Deborah, alla prima vera stagione della sua carriera dopo il terribile infortunio al ginocchio destro nel 1988, già vincitrice del superG di Coppa del Mondo di Morzine di 23 giorni prima, scende col numero 16 e massacra tutte le migliori della specialità che erano scese fino a quel momento: la beniamina di casa Carole Merle, che era in testa, si becca 1″41 di distacco, la tedesca Katja Seizinger 1”97, le austriache Petra Kronberger e Ulrike Maier di 1”98 e 2″13.
Una gara nella quale la 21enne valtellinese di Santa Caterina Valfurva dimostra tutto il suo stratosferico talento ma purtroppo già il giorno dopo, dopo 15 secondi della prima manche del gigante, si farà di nuovo male al ginocchio, stavolta il sinistro: l’urlo per la rottura del crociato entra nelle case di tutti gli italiani e la fa entrare direttamente nel cuore della gente. Purtroppo Deborah avrà sempre una carriera a mezzo servizio e anziché puntare alla Coppa del Mondo generale, che avrebbe vinto più volte a mani basse senza i continui infortuni, metterà sempre nel mirino i grandi appuntamenti e lì non tradirà mai le attese vincendo, oltre a quello di Meribel, altri cinque ori tra Olimpiadi e Mondiali.
Alle 14 scatta la seconda manche del gigante e Accola, Aamodt e Girardelli si susseguono in testa alla classifica provvisoria con delle prestazioni fantastiche. Manca l’Albertone nazionale: ai primi due intermedi è dietro rispetto a Marc ma nel finale, come sua abitudine, mette il turbo e lo fulmina per 32 centesimi. Tomba è il primo in tutta la storia dello sci alpino a bissare l’oro dell’Olimpiade precedente nella stessa specialità, mentre Girardelli, argento come in superG, quell’oro a cinque cerchi non riuscirà mai a vincerlo. Il bronzo lo vince Aamodt a 84 centesimi da Alberto, Accola finisce quarto a 1”04. Ulteriore chicca che ci regala quella giornata è la medaglia d’argento degli azzurri della staffetta maschile del fondo, alle spalle della favoritissima Norvegia.
Nel giorno in cui lo sci alpino ai Giochi di Pechino 2022 riposa abbiamo voluto rievocare quella giornata storica, che non potrà mai essere dimenticata da chi ne è stato testimone, anche se solamente davanti alla tv, come chi scrive. La foto di copertina di questa rievocazione è la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 19 febbraio 1992, dalla quale si può vedere che il calcio è completamente sparito, cosa già allora e cosa impensabile oggi, tanto più che un’impresa stratosferica come l’argento di Sofia Goggia nella discesa femminile di tre giorni fa, accompagnata tra l’altro dal bronzo nella stessa pagina di Nadia Delago, è stata relegata a metà della prima pagina della rosea.
Ma 30 anni fa il direttore, che firmò anche un memorabile editoriale comparso su quella prima pagina, si chiamava Candido Cannavò, uno che sapeva dare il giusto rilievo sia al calcio sia, quando lo meritavano, agli altri sport, e lo faceva in modo mirabile. Qualità completamente sconosciute al giornalismo sportivo di oggi, e specialmente agli editori e ai direttori di questo giornalismo sportivo. Sempre che esista ancora, dato che viene ormai data importanza solo alla quantità di notizie pubblicate e ai like che si ricevono e non si va mai a vedere la qualità, spesso pessima o addirittura falsa, di quello che finisce sul web, sulla carta o in tv.